In seguito al "sorprendente" esito delle recenti elezioni, che hanno visto la travolgente vittoria di Hamas, i palestinesi si trovano nella totale impossibilità di formare un governo degno di una qualunque credibilità a livello internazionale. Hamas è infatti il partito palestinese che fa della totale distruzione di Israele la bandiera ufficiale, e l'attuale primo ministro israeliano, Ehud Olmert, ha subito dichiarato che "di trattare con Hamas non se ne parla nemmeno".
Nel momento stesso in cui i palestinesi hanno accettato di seguire l'esempio democratico, si sono quindi messi in fuorigioco da soli. Il paradosso è talmente eclatante, che per spiegarlo diventa necessario introdurre qualche elemento in più. Il primo è che tutti si sono dimenticati che il trattato di Oslo prevedeva esplicitamente che nessun partito .... che predicasse la lotta armata contro Israele potesse mai partecipare ad elezioni in Palestina. Ma nemmeno Israele se lo è ricordato, stranamente, pur vedendo nei giorni scorsi che la popolarità di Hamas cresceva a vista d'occhio. Perchè non lo ha fatto?
Un'ipotetica spiegazione c'è, anche se è impossibile da dimostrare. Supponiamo che gli agenti del Mossad siano stati in grado, nel corso di così tanti anni, di infiltrare in maniera effettiva le fila di Hamas. Per effettiva si intende, oltre che poter provocare attentati "a comando", arrivare anche a condizionare la stessa linea politica del movimento. In fondo, CIA e Mossad avevano efficacemente infiltrato le nostre Brigate Rosse, molto prima del rapimento Moro. (Lo ha rivelato di recente, senza venire smentito da nessuno, l'onorevole Galloni, ex-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura).
Non sarebbe quindi stato difficile, per il Mossad, fare la stessa cosa su un territorio molto più familiare, e in una lingua, l'arabo, che qualunque agente dei servizi israeliani conosce e parla alla perfezione. Nè li tradisce un aspetto particolarmente diverso nei tratti somatici: che siano cugini di sangue ce lo dice la Bibba stessa.
Questa ipotesi spiegherebbe, innanzitutto, una curiosa serie di eventi, registratisi durante l'intero periodo che ha visto Ariel Sharon alla guida del paese. Ogni volta che il leader israeliano stava per incontrarsi con quelli palestinesi, per tentare almeno in apparenza un discorso di distensione, qualche folle uscito dalle fila di Hamas si faceva esplodere in un pizzeria di Tel Aviv, e tutto veniva rimandato a data da destinarsi. Com'è noto infatti, "Israele non tratta con i terroristi".
Nel 1995, l'omicidio di Itzaak Rabin aveva scatenato in Israele un'onda emotiva che stava portando Simon Peres, il moderato che ne aveva preso il posto, a una sicura vittoria elettorale. Ma proprio in quel momento Hamas decise di mettere in atto una serie di sanguinosi attentati, che finirono per provocare nell'elettorato la richiesta di un uomo forte, favorendo così la vittoria finale del falco Netaniahu.
Di nuovo Ariel Sharon, convocato a Washington negli anni scorsi, con l'evidente intento di "costringerlo a fare il bravo", fu obbligato per due volte a interrompere il viaggio, per un grave attentato avvenuto nel frattempo in Israele. Nel secondo caso dovette addirittura fare dietrofront all'aeroporto, senza nemmeno scendere dall'aereo.
Quando invece ci tornò per farsi dare ufficialmente da Bush il beneplacito sul muro in costruzione, Hamas preferì restare in silenzio, e non volle in nessuno modo distrarlo dalle delicate trattative.
Tornando quindi alle recenti elezioni, non sarebbe stato difficile per nessuno "sobillare" dall'interno una popolazione che ha da tempo superato il limite di ogni frustrazione, spingendola progressivamente a votare per il partito che odia Israele. La figura dell'agitatore sociale non è certo nuova nella storia, e farlo nella Palestina odierna equivale in tutto e per tutto a entrare in una polveriera con una torcia attesa.
Lo stesso Sharon, qualche anno fa, era riuscito a vincere le elezioni, dopo aver scatenato la Seconda Intifada con una semplice "passeggiata" sulla spianata di Al-Aqsa.
Il popolo palestinese è quindi, paradossalmente, vittima e strumento della propria sofferenza. Più lo schiacci più si ribella, più si ribella più fornisce a chi lo schiaccia l'alibi per continuare a farlo.
E le reazioni internazionali alle recenti elezioni sembrano confermare in pieno questo meccanismo perverso: il New York Times titola così il suo articolo sulle recenti elezioni:
"Israel's Likely Course: Unilateral Action, Separation and No Talks With Hamas" "Probabile corso di Israele: azione unilaterale, separazione, nessun dialogo con Hamas".
L'articolo poi commenta:
"with peace talks off the table, Israel will most likely pursue unilateral actions, drawing its own borders and separating itself from the Palestinians." "Ora che la trattativa di pace non è più un'opzione, Israele agirà probabilmete in modo unilaterale, tracciando i propri confini e separandosi dai palestinesi." Traduzione: il muro continua, passa dove vogliamo noi, e chi ci resta dentro peggio per lui.
Curioso quindi come Hamas, ancora una volta, abbia aiutato in pieno la linea sostenuta da Sharon in tutti questi anni.
Certo non è carino sospettare gli agenti del Mossad di provocare periodicamente la morte dei loro concittadini, per poi trarne un beneficio a lungo termine. Ma furono gli stessi sionisti, nel 1946, ad inventare il "terrosimo islamico", travestendosi da arabi nell'attentato all'Hotel King David di Gerusalemme, che costò la vita a numerosi israeliani. Fu un episodio chiave, che permise all'ala estremista del sionismo, guidata da Menachem Begin, di staccarsi da quella moderata, e di fondare la corrente politica che ancora oggi vede sulla barricata i loro diretti eredi, Sharon e Netaniahu. E il bello è che ci sono gruppi sionisti che a tutt'oggi si vantano apertamente di quella diabolica invenzione.
Massimo Mazzucco
Vedi anche:
SCHEDA STORICA DELLA PALESTINA