di Ashoka
Molti sono gli insegnamenti che possiamo trarre, per dirla alla Machiavelli,
dall'esperienza delle cose moderne e dalla lezione delle antique.
La storia ci insegna, ad esempio, che, nelle difficoltà, gli uomini tendono ad accantonare le differenze per dare vita ad un movimento di lotta e di resistenza; che sia contro un governo ritenuto ingiusto o contro un invasore straniero o una più generica “lotta per la verità”.
Non a caso una delle strategie di controllo adottate dalla parte dominante... ...è cercare di frammentare e disgregare il potere delle opposizioni in modo che non riescano ad unirsi contro l'obiettivo comune. Come dicevano i latini: “Divide et impera”.
Ma spesso un'azione
positiva non è nemmeno necessaria. La maledizione delle opposizioni si manifesta, infatti, quando vengono ottenute le prime vittorie, quando la strada appare, finalmente, in discesa, quando l'obiettivo comune appare a portata di mano ed i fini personali tornano a riacquistare un certo peso.
Questo è precisamente ciò che sta accadendo al 9/11 Truth Movement di cui la diatriba Megachip/Luogocomune è soltanto una piccola e periferica scaramuccia inserita in un contesto più ampio.
Finché il movimento è rimasto underground, infatti, non si sentiva la necessità di trovare un leader o di scegliere una teoria come quella “ufficiale” del movimento; bastavano le domande. Vi era una versione del governo, da contestare perché ritenuta falsa, ed un movimento di liberi e dilettanti ricercatori che cercavano di far ascoltare la propria voce.
Voce talmente flebile che, ancora non molto tempo fa, un'intervista denigratoria a
Blondet veniva comunque valutata in modo positivo: che se ne parli male, purché se ne parli!
Ma poi è cambiato tutto.
In ambito internazionale è esploso il fenomeno
Loose Change, in quello, periferico, italiano il movimento è riuscito a sfondare la barriera di silenzio dei media
mainstream, prima con lo speciale di Olla su Rai1, poi con i passaggi su La7 e su Matrix dei filmati di Mazzucco e, contemporaneamente, con la presa di coscienza, dopo quattro anni di silenzio, del gruppo di giornalisti riuniti attorno alla figura carismatica di Giulietto Chiesa.
Ecco le prime vittorie e, con esse, i primi diverbi; la maledizione delle opposizioni.
Eric Hufschmid contro gli autori di Loose Change,
Morgan Reynolds contro Steve Jones, “No planers” contro “Yes planers”, e cosi via. Potevamo noi, in Italia, esimerci dal partecipare allo sfaldamento del movimento? Ovviamente no.
Quale strategia usare? Chi deve assumersi la leadership del movimento? Quali sono gli interessi da perseguire? Ed ecco i diverbi e le polemiche.
In questo momento mi sento come gli studenti universitari a Curtatone e Montanara, nel 1848. Una dura battaglia ed il sacrificio di molti volontari, sempre disprezzati dalle
truppe regolari, per garantire all'esercito piemontese il successo di Goito contro gli austriaci. E poi? Il Papa ritira il suo appoggio, Ferdinando torna a Napoli per occuparsi della rivolta in Sicilia e Carlo Alberto pensa più ad occupare la Lombardia che a perseguire la vittoria.
Il risultato lo conosciamo.
Che fare, dunque?
Ciò che ha sinora contraddistinto il movimento per la verità sull'11 Settembre, oltre la eterogeneità e la molteplicità di tesi ed opinioni, è stato Internet. Qui sono nati i siti che contestavano la versione ufficiale, qui si sono sviluppati i dibattiti pro e contro, qui abbiamo litigato, abbiamo discusso, abbiamo elaborato i dati ed abbiamo, infine, tratto le conclusioni.
Il dialogo in rete ha offerto la possibilità di comunicare in tempo reale ed in modo non troppo caotico, con una moltitudine di persone. E' stato possibile, così, trovare il controllore di volo a cui rivolgere alcune domande specifiche,il pilo