Nuove rivelazioni dai nastri desecretati di Lyndon Johnson.
(Scarica il filmato in alta qualità su arcoiris). La guerra del Vietnam sarebbe potuta terminare nel 1968. Invece continuò per altri cinque anni, perché Nixon fece segretamente saltare le trattative di pace di Parigi, pur di riuscire a diventare lui presidente. È questo quello che è emerso dall'ultimo set di registrazioni audio del presidente Johnson, desecretate di recente. Nell'estate del 68 la tensione in America era arrivata alle stelle, con la nazione irrimediabilmente spaccata in due sulla necessità o meno di porre fine alla guerra in Vietnam. Robert Kennedy, il candidato democratico pacifista, era stato ucciso il 5 di giugno, e la candidatura democratica era andata a Hubert Humphrey, ... ... che era invece a favore del proseguimento della guerra. Johnson infatti, che ormai era ritenuto dalla nazione il principale colpevole per il disastro del Vietnam, aveva deciso di non ricandidarsi. JOHNSON: "Non chiederò e non accetterò la nomination del mio partito per un altro mandato come vostro presidente". Sul fronte opposto, la candidatura repubblicana andò a Richard Nixon, il quale annunciò alla nazione di avere "un piano segreto per porre fine in modo onorevole alla guerra in Vietnam". NIXON (spot propagandistico): "Se dopo così tanto tempo, così tanti sacrifici e così tanti sforzi ancora non si intravvede la fine, allora io dico che per il popolo americano è venuto il momento di una nuova leadership, che non sia legata alle politiche e agli errori del passato. Io vi prometto che metteremo fine in modo onorevole alla guerra in Vietnam". Nixon naturalmente mentiva, ma questo fu sufficiente a spostare il baricentro dell'elettorato verso di lui, portando i sondaggi in perfetto equilibrio. A quel punto i democratici capirono che per mantenere il controllo della Casa Bianca dovevano riuscire a mettere fine alla guerra prima del giorno delle elezioni. Si mise in moto la macchina diplomatica, e per l'inizio dell'autunno si riuscì a raggiungere un accordo di massima, che avrebbe portato ad una sospensione dei bombardamenti sul nord Vietnam in cambio di una pace "onorevole per tutti". Johnson fece l'annuncio a tutta la nazione. JOHNSON: "Come risultato di tutti questi sviluppi ho appena ordinato che tutti i bombardamenti aerei, navali e di artiglieria contro il Nord-Vietnam vengano a cessare alle 8 del mattino, ora di Washington, venerdì mattina". Dopodichè Johnson telefonò ai tre candidati presidenziali - Nixon, Humphrey e l'indipendente Wallace - per assicurarsi che non facessero nulla che potesse mandare all'aria le trattative in corso. JOHNSON: "Questo è di una confidenzialità assoluta, per cui qualunque dichiarazione discorso o commento in questo momento danneggerebbero la vostra nazione. Io voglio solo sperare che siate ben sicuri di quello di cui parlate prima di intromettervi nella complessità di queste trattative. E' chiaro per tutti?" Quello che Johnson non sapeva era che Kissinger, che faceva parte della delegazione americana a Parigi, informava segretamente Nixon dei progressi fatti nelle trattative con nord e sud vietnam. Nel frattempo Nixon rassicurava pubblicamente Johnson, dicendo che non avrebbe mai interferito con il processo di pace. NIXON: "Prima di tutto vengono la prospettiva e la possibilità della pace, e non la politica. Fino a quando Johnson è il presidente, lasciamogli la possibilità di portare questa guerra ad una conclusione onorevole, senza fare nulla che possa distruggere quella possibilità". Johnson però non si fidava di Nixon, e chiese al suo grande amico, il capo dell'FBI Edgar Hoover, di scoprire se i repubblicani avessero contatti segreti con i sud-vietnamiti, tramite l'ambasciata di Washintgtion. Spiare l'ambasciata di un paese alleato era considerato inaccettabile a quel tempo, ma Johnson riuscì a far capire molto bene a Hoover quello che voleva, senza doverlo dire apertamente. JOHNSON: "Nessuno deve sapere che ti ho chiamato, ma vorrei che tu personalmente... vorrei controllare, con tutta la cautela e l'attenzione che hai saputo sviluppare negli ultimi 40, 50 anni, che cosa stanno facendo quelli che si adoperano per toglierci il potere. Io credo che dovremmo veramente rimboccarci le maniche e farne una prioriotà assoluta per capire con chi parlano, che cosa si dicono. Voglio che tu te ne incarichi e segua questa cosa personalmente. HOOVER: "Certamente, è più facile di quanto lei creda". JOHNSON: "Devi semplicemente seguire ogni maledetta traccia, capire con chi parlano, dove e come". HOOVER: "Gli dedicherò la mia attenzione personale, signor presidente". JOHNSON: "Va bene". HOOVER: "D'accordo, grazie". I risultati dello spionaggio non di fecero attendere. Il due di novembre, a quattro giorni dalla elezioni, Johnson venne a sapere che Nixon tramava segretamente con i sud vietnamiti, tramite una sua collega repubblicana di origine vietnamita, Anna Chennault, per far saltare l'accordo ormai prossimo. JOHNSON: "Il nostro amico, il candidato repubblicano, il nostro amico della California sta giocando di nascosto sia con i nostri nemici che con i nostri amici. Lo sta facendo attraverso canali sotterranei, e sta dicendo ai nostri alleati che non gli conviene essere svenduti, di non rinunciare alla loro libertà poche ore prima che lui sia in grado di preservarla. La Sig.na Chennault fa da contatto con il loro ambasciatore. Qui non stiamo tirando a indovinare. Lei li sta mettendo in guardia dal non farsi intrappolare dalla mossa di Johnson". E difatti, proprio a tre giorni dalle elezioni i sudvietnamiti si ritirarono improvvisamente dalle trattative di Parigi, senza nessun motivo apparente. A quel punto Johnson si trovò di fronte ad una scelta delicata: poteva affondare Nixon con una sola cannonata, denunciando apertamente alla nazione quello che lui già in privato aveva definito un tradimento. Questo avrebbe però comportato il rischio di una crisi internazionale con altri paesi, perché gli americani avrebbero dovuto rivelare al mondo che l'FBI spiava le ambasciate dei paesi alleati. Johnson decise di non fare nulla, e passò tutte le informazioni a Humphrey, lasciando che fosse lui a decidere se usare questa bomba contro Nixon oppure no. Ma anche Humphrey non se la sentì di rischiare una crisi internazionale, e visto che i sondaggi a quel punto gli davano un leggero vantaggio su Nixon, pensò che avrebbe potuto conquistare la presidenza senza bisogno di scatenare un terremoto. TV: "Credo che entro domani mattina Hubert Humphrey sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti". Invece fu Nixon a vincere le elezioni per un punto di percentuale su Humphrey. WALTER CRONKITE: "Richard Nixon passa in testa, con 287 voti elettorali. Ne aveva bisogno di 270 per vincere, e questa sembra la conclusione delle elezioni del 1968". Naturalmente, invece di concludersi subito, gli accordi di Parigi si incepparono in modo irrimediabile, e la guerra proseguì per altri cinque anni. Pur di riuscire a conquistare la Casa Bianca, Nixon aveva inutilmente condannato a morte altri 30.000 soldati americani ed un altro milione e mezzo di civili vietnamiti, che sarebbero stati uccisi prima degli accordi di pace definitivi, raggiunti nel 1973. Naturalmente, fu Nixon a prendersi il merito di quello che lui stesso aveva impedito che succedesse cinque anni prima. NIXON: "Buonasera. Ho chiesto questo spazio radio-televisivo, questa sera per poter annunciare che oggi abbiamo concluso un accordo per porre fine alla guerra ed arrivare ad una pace onorevole in Vietnam". Ma non era finita. Per ironia della sorte, Nixon diede l'annuncio alla nazione proprio il giorno successivo a quello della morte di Johnson. NIXON: "Proprio ieri, un grande americano che in passato ha tenuto questa carica, è morto. Ricordo l'ultima volta che gli ho parlato, il giorno dopo capodanno. Mi parlò delle sue preoccupazioni per arrivare alla pace. Per arrivare al giusto tipo di pace. Gli sono stato grato per aver espresso ancora una volta il suo supporto per i miei sforzi per arrivare a questa pace. Nessuno più di lui sarebbe stato contento per questa pace". Ben pochi, in quel momento, poterono apprezzare quanto fosse profondamente ipocrita ed allo stesso tempo profondamente vera quella frase. Massimo Mazzucco