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L'informazione è potere
L’idea è partita guardando il documentario dedicato alla sua vita. The Internet's Own Boy:The Story of Aaron Swartz
Solo per dare un paio di coordinate su di lui, a 14 anni collaborò alla stesura delle prime specifiche tecniche dell’ RSS , e fu uno dei 3 cofondatori del sito reddit (startup milionaria), salvo poi ritrovarsi ad essere un opinion maker per tutto ciò che riguardava i diritti sociali e la Rete.
Un enfant prodige dell'informatica e della politica, morto suicida nel 2013, quando rischiava 35 anni di carcere per aver effettuato un download massivo di tutta la documentazione scientifica di Jstor che durante il processo decise di rendere tutta questa documentazione gratuita (fino a quel momento i documenti erano disponibili online, previo pagamento).
La pubblicazione gratuita di tali documenti, non impedì alla giustizia americana di portare avanti il processo, con il colpevole silenzio del MIT (dalla cui Rete aveva avuto l'accesso necessario per scaricare più di 4 milioni di paper scientifici).
Ma non è tanto sulla sua vita che vorrei soffermare, quanto su alcune delle sue battaglie politiche e sociali portate avanti.
Il primo aspetto che mi interesserebbe approfondire con voi è la creazione e la circolazione del sapere scientifico, attraverso un manifesto pubblicato da Aaron in Rete (il Guerrilla Open Access Manifesto*).
Il secondo punto che vorrei affrontare è stato il sistema con cui Aaron Swartz ha analizzato il meccanismo di creazione di una voce su Wikipedia, tramite un dato inusuale (il conteggio delle battute, al posto del conteggio del numero di modifiche), sintetizzato in Who Writes Wikipedia?**
Spero che con il contributo di altri utenti sarà possibile riflettere sui vari aspetti in cui l'informazione viene creata e distribuita, e di cosa possa succedere a chi combatta contro questo sistema di gestione delle informazioni.
Buona lettura
*Guerrilla Open Access Manifesto
L’informazione è potere. Ma come con ogni tipo di potere, ci sono quelli che se ne vogliono impadronire. L’intero patrimonio scientifico e culturale, pubblicato nel corso dei secoli in libri e riviste, è sempre più digitalizzato e tenuto sotto chiave da una manciata di società private. Vuoi leggere le riviste che ospitano i più famosi risultati scientifici? Dovrai pagare enormi somme ad editori come Reed Elsevier.
C’è chi lotta per cambiare tutto questo. Il movimento Open Access ha combattuto valorosamente perché gli scienziati non cedano i loro diritti d’autore e che invece il loro lavoro sia pubblicato su Internet, a condizioni che consentano l’accesso a tutti. Ma anche nella migliore delle ipotesi, il loro lavoro varrà solo per le cose pubblicate in futuro. Tutto ciò che è stato pubblicato fino ad oggi sarà perduto.
Questo è un prezzo troppo alto da pagare. Forzare i ricercatori a pagare per leggere il lavoro dei loro colleghi? Scansionare intere biblioteche, ma consentire solo alla gente che lavora per Google di leggerne i libri? Fornire articoli scientifici alle università d’élite del Primo Mondo, ma non ai bambini del Sud del Mondo? Tutto ciò è oltraggioso ed inaccettabile.
“Sono d’accordo,” dicono in molti, “ma cosa possiamo fare? Le società detengono i diritti d’autore, guadagnano enormi somme di denaro facendo pagare l’accesso, ed è tutto perfettamente legale — non c’è niente che possiamo fare per fermarli”. Ma qualcosa che possiamo fare c’è, qualcosa che è già stato fatto: possiamo contrattaccare.
Tutti voi, che avete accesso a queste risorse, studenti, bibliotecari o scienziati, avete ricevuto un privilegio: potete nutrirvi al banchetto della conoscenza mentre il resto del mondo rimane chiuso fuori. Ma non dovete — anzi, moralmente, non potete — conservare questo privilegio solo per voi, avete il dovere di condividerlo con il mondo. Avete il dovere di scambiare le password con i colleghi e scaricare gli articoli per gli amici.
Tutti voi che siete stati chiusi fuori non starete a guardare, nel frattempo. Vi intrufolerete attraverso i buchi, scavalcherete le recinzioni, e libererete le informazioni che gli editori hanno chiuso e le condividerete con i vostri amici.
Ma tutte queste azioni sono condotte nella clandestinità oscura e nascosta. Sono chiamate “furto” o “pirateria”, come se condividere conoscenza fosse l’equivalente morale di saccheggiare una nave ed assassinarne l’equipaggio, ma condividere non è immorale — è un imperativo morale. Solo chi fosse accecato dall’avidità rifiuterebbe di concedere una copia ad un amico.
E le grandi multinazionali, ovviamente, sono accecate dall’avidità. Le stesse leggi a cui sono sottoposte richiedono che siano accecate dall’avidità — se così non fosse i loro azionisti si rivolterebbero. E i politici, corrotti dalle grandi aziende, le supportano approvando leggi che danno loro il potere esclusivo di decidere chi può fare copie.
Non c’è giustizia nel rispettare leggi ingiuste. È tempo di uscire allo scoperto e, nella grande tradizione della disobbedienza civile, dichiarare la nostra opposizione a questo furto privato della cultura pubblica.
Dobbiamo acquisire le informazioni, ovunque siano archiviate, farne copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che è fuori dal diritto d’autore e caricarlo su Internet Archive. Dobbiamo acquistare banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sulle reti di condivisione. Dobbiamo lottare per la Guerrilla Open Access.
Se in tutto il mondo saremo in numero sufficiente, non solo manderemo un forte messaggio contro la privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo un ricordo del passato.
Vuoi essere dei nostri?
* Traduzione Guerrilla Open Access Manifesto www.doppiozero.com/materiali/web-analysi...pen-access-manifesto
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- TheNecrons
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Concordo con l'idea sostenuta in "Guerrilla Open Access Manifesto".
Non è eticamente corretto privatizzare il sapere. Ma ricordiamoci che mentre da una parte un'elite ristretta ha come unico obbiettivo quello di limitare l'accesso all'informazione, dall'altra un sacco di ricercatori in buona fede vogliono guadagnarsi il pane con i libri e i documentari che realizzano. Esempio: Mazzucco (anche se è vero che dopo pochi mesi li rende gratis). Ma ce ne sono molti altri.
Per cui l'idea è giusta, ma il problema è molto profondo e radicato e non penso si risolverebbe creando coppie gratis.
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TheNecrons ha scritto: Lettura piacevole, grazie.
Concordo con l'idea sostenuta in "Guerrilla Open Access Manifesto".
Non è eticamente corretto privatizzare il sapere. Ma ricordiamoci che mentre da una parte un'elite ristretta ha come unico obbiettivo quello di limitare l'accesso all'informazione, dall'altra un sacco di ricercatori in buona fede vogliono guadagnarsi il pane con i libri e i documentari che realizzano. Esempio: Mazzucco (anche se è vero che dopo pochi mesi li rende gratis). Ma ce ne sono molti altri.
Per cui l'idea è giusta, ma il problema è molto profondo e radicato e non penso si risolverebbe creando coppie gratis.
Salute TheNecrons
... ho messo in grassetto, nella citazione, l'esempio che riporti di Mazzucco e, se non pecco nel rivolgere meriti a Massimo, non ritengo appropriato il senso temporale del tuo esempio. In sostanza, quel che hai messo tra parentesi temo non sia corretto.
Tutto il lavoro di Massimo è fin da subito fruibile (fatti salvi i tempi di upload) a nessun prezzo sul web, con esplicito invito alla copia e divulgazione. Che di questa condivisione della ricerca, Massimo ne abbia "anche" veicolato il contenuto su supporto digitale, è palese che ne applichi un prezzo. Altresì, la plusvalenza contenuta nel prezzo di acquisto del DVD e/o Cofanetto, dedotte tutte le spese di produzione, è anacronistico definirla guadagno. Non credo di essere il solo ad averlo invece inteso quale contributo (risibile per altro) alla gestione di LC.
A conforto di quello che ho detto, è emblematico il nuovo progetto che ha avviato e come ha inteso finanziarlo America Moon , dove a mio avviso sublima il valore della condivisione.
Insomma parafrasando il titolo del Topic, Massimo Mazzucco, impersona si un esempio, di come con lealtà e buon senso l'Informazione è il Potere dell'intero genere a cui apparteniamo.
Hic
... l'unica abitudine che voglio avere è respirare. Hic :wink:
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Alla fine del documentario su Aaron Swartz che ho linkato nel primo commento, verso la fine viene citato un esempio emblematico in tal senso: un ragazzo (credo croato, ma potrei sbagliare) di 14 anni, proprio grazie alla documentazione scientifica scaricata illegalmente da Swartz, è riuscito a reperire dei documenti riservati grazie ai quali è riuscito ad approfondire una sua idea ed è riuscito - proprio grazie al medico autore del documento trafugato - a definire un metodo per diagnosticare precocemente il cancro al pancreas .
Ovviamente questo ragazzo dedicò la scoperta ad Aaron Swartz, perché proprio grazie ai documenti scaricati da Jstor tutto ciò era potuto accadere.
Quelli che mi chiedo e che vi chiedo è proprio questo: è logico accettare che tali documentazioni vengano finanziate e poi rese elitarie dalle grandi case farmaceutice e/o del scientifico per fini di lucro o altro tipo di interesse?
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Ma sappiamo anche che tale commercio spesso supera la semplice necessità del mantenimento, per cui, secondo me è sbagliatissimo che quelle documentazioni vengano finanziate e poi rese elitarie dalle grandi case farmaceutice e/o del scientifico per fini di lucro o altro tipo di interesse.
Finchè si tratta di vendere il tuo libro (sempre vendita di sapere è) perchè non riesci a guadagnarti soldi, purtroppo è necessario (pensavo fosse quello il punto esposto in quel testo). Ma se gli scopi superano il semplice mantenimento (questo spesso accade per le case farmaceutiche e alcune comunità scientifiche), allora è ovvio (per me) che è sbagliato.
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In realtà la condivisione del sapere va al di sopra del concetto del "tengo famiglia".
Stiamo parlando di File Sharing e relativo peer to peer (p2p).
L'idea di fondo è che con le regole attuali stiamo costruendo un mondo (perché la rete sarà il mondo di domani) dove i nostri figli diventeranno dei pirati, qualunque cosa facciano se non pagare.
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Sulla domanda che ti poni, visto che parli di "accettare" e quindi tendi a dare un'impronta etica, direi che no, non si può accettare l'accesso a pagamento alla conoscenza.
Ma ovviamente il discorso è più complesso di così: parli infatti di risultati ottenuti da studi che qualcuno ha finanziato, ha investito denaro per ottenerne di più in caso di successo, allora la logica è accettabile, anche perché serve a bilanciare gli investimenti perduti causati dai fallimenti.
Con fallimenti intendo anche quelli parziali, quelli che causano ritardi ed extracosti e non necessariamente il fallimento totale di un progetto.
Se poi consideri che è normale avere un compenso per il lavoro fatto, un costo è giusto che ci sia.
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La domanda che tu poni (come rientro degli investimenti perduti?) può sembrare lecita, ma sottolineo ancora una volta che io mi riferisco non alla sottrazione fisica di un bene altrui in mio favore.
Faccio l'esempio più stupido che ci sia: se io entro in un negozio e rubo un CD, io sto sottraendo un bene coperto da copyright alla libreria, che dopo il mio furto si ritroverà una copia in meno.
Ma se io scarico una copia digitale dello stesso CD io mi sono appropriato di cosa? sicuramente del diritto intellettuale di chi ha composto il CD.
Il punto è proprio il file sharing non per fini commerciali (azione indifendibile per definizione), ma per fini divulgativi, scientifici o semplicemente culturali.
Insomma l'argomento è enorme e pieno di sfumature interpretative.
Al riguardo segnalo un libro molto interessante (e ovviamente disponibile gratuitamente online per scelta dell'autore) "Cultura libera:un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l'estremismo della proprietà intellettuale" di Lawrence Lessig: www.liberliber.it/online/autori/autori-l...priet-intellettuale/
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Purtroppo ho scritto un paio di esempi ma io lo ho dovuti cancellare perché rileggendoli mi sono accorto che non erano proprio adatti a quelle sfumatire a cui ti riferisci.
Diciamo che a me piacerebbe che tutto il sapere tecnico (di qualunque ambito, dalla cucina alle astronavi) fosse liberamente accessibile a chiunque lo voglia consultare, come minimo per gli enormi vantaggi di velocità d avanzamento tecnologico che si otterrebbero, come il tuo esempio sulla diagnosi precoce evidenzia; ma lo trovo di difficile attuazione nella società attuale, questo modello non è compatibile, se non addirittura ostile, alla libera circolazione del sapere, quello che porta o può portare profitto in cima alla lista.
grazie per il benvenuto
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Nel mondo ci sono 35 milioni di malati di AIDS, di cui 25 nell'Africa sub-sahariana. ad oggi ne sono morti 17 milioni in Africa. Ad oggi non esiste cura, ma esistono molti farmaci e relativi cocktail che aumentano sensibilmente la speranza di vita.
Parliamo di farmaci che costano da 10000 ai 25000 $ e ovviamente nessuna nazione africana può permettersi l'acquisto. I prezzi sono così alti non per gli ingredienti usati, ma perché coperti da brevetti.
Su questo scenario ecco il commento di Lessig
"Molta gente considera con scetticismo i brevetti, soprattutto quelli sulle medicine. Io no. Anzi, fra tutti i settori della ricerca che si basano sui brevetti, penso che la ricerca sui farmaci sia il caso più evidente della loro necessità. Essi garantiscono a un'azienda. farmaceutica che, se inventerà una nuova sostanza per la cura di una malattia, potrà recuperare l'investimento e anche di più. A livello sociale si tratta di un incentivo estremamente prezioso. Io sono l'ultimo a sostenere che la legge debba abolirlo, almeno senza ulteriori modifiche. Ma una cosa è sostenere la necessità dei brevetti, anche quelli sulle medicine, e un'altra è stabilire come gestire una crisi nel modo migliore. E quando i leader africani iniziarono a rendersi conto della devastazione prodotta dall'AIDS, cercarono strade alternative per importare i farmaci.
Nel 1997, il Sud Africa fece un tentativo. Approvò una legge che consentiva l'importazione di medicine brevettate che fossero state prodotte o vendute in un'altra nazione con il consenso del titolare del brevetto. Per esempio, se le medicine erano vendute in India, potevano essere importate in Africa da quel paese. Questo procedimento viene definito “importazione parallela”, è generalmente consentito dalle norme dei trattati Internazionali sul commercio ed è in particolare permesso all'interno dell'Unione Europea.
Tuttavia il governo degli Stati Uniti si oppose al decreto. Anzi, fece di più. Secondo l'Associazione Internazionale sulla Proprietà Intellettuale, “il governo USA esercitò pressioni sul Sud Africa ... affinché non permettesse licenze regolate dalla legge o importazioni parallele. [...]
Bloccando il flusso dei farmaci contro l'HIV verso l'Africa, il governo degli Stati Uniti non li conservava per i cittadini statunitensi. Non stiamo parlando di grano (“se lo mangiano loro, non ce n'è per noi”); al contrario, quello che la manovra statunitense aveva bloccato era, in effetti, un flusso di conoscenze: informazioni su come utilizzare sostanze chimiche reperibili in Africa e trasformarle in medicine che avrebbero salvato da 15 a 30 milioni di vite.
Piuttosto, la motivazione principale della restrizione di questo flusso di informazioni, necessario per salvare la vita a milioni di persone, era il concetto che la proprietà è sacra. Dal momento che sarebbe stata violata la “proprietà intellettuale”, questi farmaci nondovevano circolare in Africa. Fu un principio riguardante l'importanza della “proprietà intellettuale” a guidare il governo nell'intervento contro la risposta sud-africana all'AIDS.
Facciamo una breve riflessione. Ci sarà un momento in cui, fra trent'anni, i nostri figli ci guarderanno e ci chiederanno come abbiamo potuto permettere che tutto questo accadesse. Perché mai abbiamo consentito che si perseguisse una politica il cui costo diretto sarebbe stato affrettare la morte di 15-30 milioni di africani, e il cui unico beneficio era quello di riaffermare la “santità” di un'idea? Quale giustificazione ci può essere per una decisione che provoca tanti morti? Che nome potremmo dare a una follia che permette che tante persone muoiano per un'idea astratta?"
Lessig poi prosegue, ma mi fermo qui, perché credo che descriva in maniera compiuta uno dei paradossi legati alla detenzione di alcuni tipi di informazione scientifica
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Concordo appieno: come ti dicevo avevo provato a buttare giu' un paio di esempi semplici ma non li ho trovati significativi.Forse parlare di CD non è molto significativo in questo discorso.
Riguardo allo stralcio del libro che hai postato (ne ho letto un paio di pagine random e mi hanno convinto a leggermelo tutto, e' appassionante oltre che istruttivo) mi trova anch'esso perfettamente d'accordo.
Il sistema attuale NON e' funzionale al successo collettivo; pur restando sacrosanto il diritto di guadagnare sul proprio lavoro, sia per i singoli che per le aziende, va considerato che non si puo' trattare ogni cosa allo stesso modo, e' banalmente privo di senso.
La durata del tempo dei brevetti e i costi di Royalty devono essere considerate in base alla necessita' sociale di una informazione/prodotto in modo da mantenere il giusto compenso e contemporaneamente l'accessibilità agli stessi e la loro diffusione. E chi vuole sfruttare il lavoro altrui e' giusto che riconosca, in base alle proprie possibilità, il guadagno di tempo che ottiene usando i risultati trovati già pronti, solo per citare un vantaggio immediato.
Regolamentazioni si dunque, ma flessibili, una giusta tutela per tutti. Leggi che non consentano la speculazione su prodotti critici anzi, la riducano fino a portarla a zero.
Quindi ripeto il concetto secondo il mio personalissimo punto di vista: qualunque lavoro si svolga richiede un investimento iniziale di tempo e risorse e per me e' sbagliato non riconoscere quello sforzo in modo e quantità eque.
Ora continuo la lettura per vedere se oltre le osservazioni l'autore propone una qualche soluzione; ad ogni modo la via per la realizzazione di una qualunque soluzione e' decisamente lenta visto che deve passare per l'educazione delle persone e non mi pare che oggi sia messa proprio tanto bene.
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Ho visto il film e ho inquadrato meglio il ruolo degli editori: i miei commenti erano tutti indirizzati al compenso degli autori, mentre trascuravo il parassitismo editoriale, nocciolo della questione. Beh, se sono loro a porre limiti alla divulgazione - e a quanto pare, lo sono - le mie considerazioni sul giusto compenso decadono visto che loro non hanno credito per gli articoli pubblicati.
Per il libro ho poco tempo, ma è in lavorazione
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- Scintilla369
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Per me sarebbe tutto GPL, Creative Commons o FLOSS, la condivisione, il dialogo sincero è l'unica nostra forza.
Il sonno della Ragione genera mostri.
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Non conoscevo affatto lui, e nemmeno la sua storia, ma devo dire che mi ha toccato veramente. Mi è subito venuto in mente tutti quelli che dicono "gates, jobs & company" hanno cambiato il mondo, hanno reso il mondo un posto migliore...e non posso fare altro che arrabbiarmi.
Oggi ho preso il libro da te citato, appena finito posto le mie considerazioni!
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Cosa si nasconde veramente tra le righe dei termini e delle condizioni da accettare prima di aprire un account su un social network o scaricare un’applicazione? Lo rivela questa inchiesta che, attraverso esempi inquietanti e casi esilaranti, svela ciò che governi e aziende fanno con le informazioni “personali” degli utenti. Qualsiasi siano le impostazioni di privacy, i dati vengono raccolti e i comportamenti online registrati, mettendo seriamente a rischio il futuro delle libertà civili, come conferma il recente caso Snowden. Clic dopo clic, stiamo entrando in uno stato di sorveglianza costante.
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La discussione sul film di Massimo la sta facendo da padrone nel forum e offre numerosi spunti di riflessione di diverso tipo: fra questi la mole di dati rilasciati dalla NASA (indipendentemente dalla genuinità vera, falsa o presunta) e i post di alcuni utenti, primo fra tutti kamiokande mi hanno fatto venire in mente questo vecchio thread -che a mio avviso avrebbe tanto da sviscerare e ragalare - in merito alla circolazione Delle conoscenze.
Seguendo quel thread una riflessione sui dati, sulla loro qualità e sulla loro disponibilità viene quasi spontanea, riconducendosi a quanto descritto nel post di apertura.
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Marauder ha scritto: una riflessione sui dati, sulla loro qualità e sulla loro disponibilità viene quasi spontanea, riconducendosi a quanto descritto nel post di apertura.
A distanza di un secolo esatto, si è passati da Dada a Big Data. E c'è chi sostiene che Big Data soppianterà Sapiens e lo trascinerà come un fuscello nel maestoso flusso informatico. Allora saremo vicini a sapere quasi tutto ciò che non ci importa sapere.
Cit. Roberto Calasso, L'innominabile attuale.
FranZη
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La persona può e credo potrà sempre stabilire quanto avvicinarsi o immergersi nei dati che ha a sua disposizione, indipendente della lontananza a cui vogliamo fissare l'orizzonte temporale.
Ci sono troppe informazioni? Sicuramente è vero. Ci travolgono? Beh ci provano ma ... I dati del discorso fanno parte di quel genere di info? No.
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Allora saremo vicini a sapere quasi tutto ciò che non ci importa sapere.
Questo mi sembra un aspetto fondamentale nel discorso sul libero accesso al sapere. Non conta solo la quantità di informazione, conta soprattutto la qualità, che non si misura in Byte. Detenere il potere dell'informazione significa al giorno d'oggi controllare l'informazione utile, e ciò può essere fatto efficacemente dilatando a dismisura la quantità di informazione inutile universalmente disponibile. In sostanza è lo stesso tipo di manipolazione che sta dietro alla Legge Gasparri per le televisioni: un unico soggetto non può controllare una quota troppo grande di emittenti? Bene, invece di fargli chiudere/vendere le emittenti, gonfiamo enormemente l'offerta di banda televisiva, in modo che la quota del soggetto in questione diventerà percentualmente poco rilevante, pur restando invariata in valore assoluto (in effetti sappiamo che nella realtà la quota Mediaset è addirittura cresciuta in valore assoluto).
Tornando all'informazione utile vs inutile, chiarisco con un esempio. Supponiamo di avere da una parte un file di dati grezzi contenente nome, cognome, indirizzo e reddito di ogni italiano, dall'altra una estrapolazione statistica come questa:
Quale dei due file contiene più informazione? Il file coi dati grezzi, ipotizzando un centinaio di Byte per cittadino, sarebbe sui 6 GB, un DVD bello pieno. L'immagine qui sopra è 50 KB. Inoltre il grafico è il risultato di un'elaborazione dei dati grezzi, quindi è normale pensare che contenga necessariamente meno informazione di questi. Eppure è altrettanto evidente che coi soli dati grezzi non avremmo nessuna possibilità di farci un'idea di quale sia la situazione del reddito degli italiani. In termini di informazione utile non c'è confronto fra dati grezzi e grafico, i dati grezzi sono solo un enorme file che qualsiasi PC si rifiuterebbe di aprire e che comunque, anche se aspettassimo quei 10 minuti che ci metterebbe il blocco note a visualizzarlo, non ci servirebbe proprio a niente, se non magari a sapere che Abate Adele di Abano Terme ha percepito un reddito xxx.
Per trasformarlo in informazione utile ho bisogno di qualcuno che sappia organizzare i 6 GB in un formato fruibile, quindi che abbia il tempo, la voglia e una macchina sufficientemente potente per fare questa conversione, e poi ovviamente che estrapoli da questo formato maneggiabile le informazioni statistiche essenziali, che ci portano al grafico. Ecco allora che se il potere non volesse farci sapere qual è la distribuzione del reddito in Italia, non avrebbe alcun motivo di nascondere i dati grezzi, se ha il controllo di chi li sa decifrare. Certamente nel mondo reale il potere non può pensare di controllare tutti i tecnici, non per sempre almeno. Però quello che succede è che in questo virtualmente infinito database di dati disponibili a chiunque che è la rete, quello che veramente conta è ancora la fiducia nell'individuo, nel caso dell'esempio specifico la fiducia nella persona qualificata a gestire i dati disponibili e renderli davvero informazione utile e universalmente fruibile.
PS Roberto Calasso oltre che autore è il direttore editoriale nonchè proprietario della Adelphi.
FranZη
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A prima vista sembra facile, ma poi ti ritrovi a cancellare esempi che avevi scritto perché non c'”azzeccano”, o perché “tozzano” con altri esempi che poi avresti voluto fare in seguito.
Io credo che non sia facile soprattutto perchè viviamo in un individualista “mondo di merda” dove la condivisione come concetto è un'eccezione e mai una regola, cioè non siamo abituati a farlo e poi perché... è proprio il modus vivendi terrestre che “tozza” con la condivisione spontanea e gratuita del sapere....troppi lupi.
Io per condivisione del sapere non intendo solo quella puramente scientifico/medica, utile casomai alla salvaguardia della salute organica, ma qualsiasi intuizione che potrebbe migliorare l'esistenza umana in tutte le sue sfumature. Anche un bel romanzo, o un'opera teatrale/televisiva che ti allieta l'animo e che infonde fiducia e coraggio, è in qualche modo “sapere”
Il sapiente è indubbiamente avvantaggiato rispetto un ignorante, questo logicamente crea un “gap” fra i due, non solo economico e su di questo Pianeta c'è gente che su questo gap ci ha formato intere dinastie.
Una buona parte dell'economia mondiale e le relative posizioni sulla scacchiera mondo, si basa proprio sul fatto che qualcuno sa più di qualcun altro, che alcune Nazioni sanno più di altre.
Su di questo Pianeta, la ricompensa derivante da una qualsiasi scoperta/intuizione è ancora e soprattutto incentivo per la maggioranza degli umani. Senza la prospettiva di una ricompensa (tra l'altro esagerata) ci sarebbe un rallentamento nelle iniziative.
Su di questo Pianeta può capitare anche che se per buon cuore decido di non brevettare un'utile invenzione, prima o poi verrà qualcuno che lo farà e si prenderà la “mia” ricompensa.
Poi esiste il sapere utile, ma potenzialmente “pericoloso” che se andrebbe in mani sbagliate....poi c'è il sapere che potrebbe essere “frainteso”...
...insomma quel che voglio dire è che Aaron aveva un gran cuore, troppo grande per questo Pianeta, per questo motivo credo sia difficile esprimere un'opinione ragionata su di un argomento del genere.
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FranZeta ha scritto: In realtà la parte apocalittica della citazione non è il pensiero di Calasso, lo attribuisce a una terza persona, mentre è sua l'idea della diretta conseguenza di questo dataismo estremizzato:
Allora saremo vicini a sapere quasi tutto ciò che non ci importa sapere.
Questo mi sembra un aspetto fondamentale nel discorso sul libero accesso al sapere. Non conta solo la quantità di informazione, conta soprattutto la qualità, che non si misura in Byte. Detenere il potere dell'informazione significa al giorno d'oggi controllare l'informazione utile, e ciò può essere fatto efficacemente dilatando a dismisura la quantità di informazione inutile universalmente disponibile. In sostanza è lo stesso tipo di manipolazione che sta dietro alla Legge Gasparri per le televisioni: un unico soggetto non può controllare una quota troppo grande di emittenti? Bene, invece di fargli chiudere/vendere le emittenti, gonfiamo enormemente l'offerta di banda televisiva, in modo che la quota del soggetto in questione diventerà percentualmente poco rilevante, pur restando invariata in valore assoluto (in effetti sappiamo che nella realtà la quota Mediaset è addirittura cresciuta in valore assoluto).
Ciao Franz, scusa il late reply, ero assorbito da altre discussioni.
Dunque quello che scrivi mi trova sommariamente d'accordo; tuttavia in un vecchio post, il #6872 che manco a farlo apposta era in terra piatta, scrivevo:
internet è il famoso pagliaio, ma in mezzo a tutto quello puoi trovare l'ago. puoi cercarlo alla Edison, analizzando ogni singolo elemento, e decidendo se è paglia o metallo. O puoi usare un magnete. O un cercametalli. Devi capire quali strumenti hai a disposizione e, una volta garantita la loro usabilità devi aumentarne il raggio d'azione, la potenza, l'efficacia. A quel punto ti sarà più facile dirigerti verso l ago e tralasciar la biada. In ogni caso sta sempre attento perché il rischio di mettere il piede su una merda e scivolare non è limitato alla stalla.
Poi sì, la quantità di paglia aumenta e l'ago sempre uno resta, ma trovarlo non ' impossibile, se c'è. Impossibile lo diventa solo quando non c'è.
Su questa parte invece non sono d'accordo. Prendi l'esempio della Lorenzin e delle centinaia di morti da morbillo: quelli sono i suoi 50kb di info sparata in tv, ma se analizzi i 6GB da cui queta info dovrebbe trarre origine, non la troverai.Tornando all'informazione utile vs inutile, chiarisco con un esempio. Supponiamo di avere da una parte un file di dati grezzi contenente nome, cognome, indirizzo e reddito di ogni italiano, dall'altra una estrapolazione statistica come questa: [...]
Per cui: se non hai il dato grezzo, come fai a sapere se quell'estrapolazione è corretta o errata (dolosamente o meno)?
Che quel tipo di informazione sia più fruibile è condiviso, ma che il calcolo sia corretto è tutto da vedersi.
Sempre rimanendo in ambito Lorenzin, ad esempio a me da un po' da dire la forbice che viene utilizzata su epicentro per fornire i dati relativi alle fasce d'età degli ammorbati. Sono i famosi 50 kb, ma sono il succo di un'interpretazione di dati che potrebbe essere errata se non pura propaganda.
Andando oltre, l' informazione a cui ci si vorrebbe riferire è quella di tipo istruttivo: la condivisione di studi, scoperte, innovazioni potrebbero portare ad un avanzamento tecnologico più rapido ed efficace se tutte le persone interessate ad un argomento avessero accesso a quanto già scoperto, ipotizzato e, perchè no, pure ai fallimenti.
Ciao e scusa ancora per i tempi biblici di risposta :wave:
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FranZη
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