Mentre passava in mondovisione l’immagine dei leader del G20 riuniti per la foto di gruppo, mia moglie mi ha fatto notare che Berlusconi stranamente non c’era. Istintivamente ci siamo messi a guardare fra le gambe di quelli in prima fila, preoccupati che magari qualcuno l’avesse calpestato, ma abbiamo dovuto dedurre che l’unico posto in cui poteva trovarsi il nostro glorioso Premier era sotto le gonne di re saudita, dove probabilmente sorrideva e salutava felice, in attesa che accendessero le luci. Nel frattempo non ci eravamo accorti del vuoto enorme che troneggiava proprio al centro della composizione, indicando che quello spazio fosse chiaramente riservato per lui. Berlusconi meritava giustamente di entrare in scena dopo tutti gli altri, come il vero regista che sia rimasto dietro alle quinte fino all’ultimo, per dirigere al meglio il grande spettacolo della politica mondiale di cui lui stesso ha concepito e manda avanti ormai da anni con sapienza magistrale.
Per quanto ami restare nell’ ombra, non si può non accorgersi dell’importanza che rappresenti a livello internazionale quest’uomo così umile e riservato. Non c’è guerra d’invasione che si possa fare senza che lui sia invitato a partecipare, e non c’è una solo momento dello spettacolo che faccia spanciare dalle risate senza che lui ne sia il protagonista. Dalla scena del kapò alle avances al premier finlandese, dalla storica “mano sul pacco” di sapore scaramantico, al modo discreto con cui ha accolto ieri il suo nuovo acquisto per il Milan, Berlusconi occupa nelle vicende internazionali il posto di assoluta superstar. E non lasci ingannare la reazione scomposta della Regina d’Inghilterra, che è arriva a sbracciarsi come un camionista sotto gli occhi delle telecamere, solo per sottolineare la sua entrata in scena così perfetta e inappuntabile.
In confronto alla volgarità della Regina, la raffinatezza di Berlusconi è talmente evidente che esistono addirittura delle barzellette …
E’ possibile oggi pubblicare una notizia falsa in Internet? Non stiamo parlando di una notizia vera solo in parte (lo sono quasi tutte), e nemmeno di una piccola bugia nascosta in una grande verità. Stiamo parlando di inventarsi un fatto di sana pianta, dall’A alla Z, e poi immetterlo in rete perchè ci rimanga, senza che nessuno se ne accorga mai.
Confesso che ci ho provato – la notizia del “pesce d’aprile” del New York Times è a sua volta un pesce d’aprile, completamente inventato – ma vi confermo che la cosa non è affatto facile, ed è concepibile solo in condizioni estreme come questa.
Ormai in rete la possibilità di fare riscontri incrociati - grazie ai motori di ricerca - permette a chiunque di stabilire in pochi minuti se la notizia sia stata riportata anche altrove, o se appaia solo sul sito che la presenta. Se altri siti ne parlano, indicando fonti esterne, vuol dire che qualcun altro l'ha messa in rete. Questo non garantisce che la notizia sia vera, ovviamente, ma esclude almeno che l’inganno nasca dalla pagina che abbiamo di fronte.
Il problema infatti, per chi voglia provarci, è di superare lo scoglio delle prime 24 ore, senza che nessuno si accorga che sei l'unico a riportare quella notizia. Vi garantisco che si tratta di una solitudine terrificante: ti senti nudo e vulnerabile, sapendo che nel mare infinito di internet non c'è assoluamente nulla in grado di supportare quello che hai scritto ...
Rompendo una tradizione consolidata, che ha sempre visto i quotidiani più “seri” astenersi dal fare “pesci d’Aprile” ai propri lettori, ieri il New York Times ha pubblicato la notizia (solo nella versione on-line) del sorprendente passaggio di John McCain alle fila del partito democratico. Ecco la “cattura” della homepage del New York Times alle 5 del pomeriggio. (Qui la pagina originale in cache).
Sotto la scritta “BREAKING NEWS” (“Edizione straordinaria”) campeggia il titolo :“McCain passa ai Democratici”. Il testo dice: Un terremoto politico sta scuotendo la capitale dopo che John McCain ha annunciato ufficialmente il suo passaggio al partito democratico. In un breve comunicato stampa rilasciato oggi il senatore dell’Arizona dichiara: “Sono giunto a questa importante decisione dopo che i miei sforzi per raggiungere un consenso politico all’interno del mio partito sono ripetutamente falliti. Ritengo peraltro che molte delle posizioni che hanno caratterizzato la mia intera carriera politica sino riflesse anche dall’ala moderata del partito democratico. Voglio esprimere la mia profonda gratitudine ai leader repubblicani che mi hanno offerto un sopporto incondizionato durante gli eventi che hanno portato alla mia decisione finale” .
Sembra però che ci siano cascati in pochi (anchè perchè la data del 1° aprile sta in bella vista proprio sopra il titolo), mentre molti lettori si sarebbero lamentati per una caduta di stile così infantile e fuori luogo. Sta di fatto che entro le sette di sera il New York Times aveva già ritirato l’articolo, come se nulla fosse successo.
Quando ho chiamato per avere chiarimenti, ...
di Marco Cedolin
La crisi economica mondiale sta producendo una recessione che diviene ogni giorno più profonda. Stando alle stime dell’Ocse il Pil italiano scenderà del 4,3% (il calo medio previsto per l’area euro è del 4,1%) nel corso del 2009. La produzione industriale nel mese di marzo è diminuita del 20,1% rispetto a marzo 2008. Il tasso di disoccupazione è previsto in crescita nell’anno in corso dal 6,8 al 9,2%, per arrivare al 10,7% nel 2010. Perfino l’ottimismo modello Unieuro di Silvio Berlusconi sembra venire meno, di fronte al fatto che durante il G8 di Roma è stata ventilata la perdita di 20 milioni di posti di lavoro a livello mondiale entro il 2010.
Consumi che si contraggono notevolmente, fabbriche che chiudono o delocalizzano la produzione nei paesi a basso costo di manodopera, opportunità di lavoro che si riducono drasticamente, tenore di vita di molte famiglie in caduta libera, insofferenza sociale che in alcuni paesi (non l’Italia) sta iniziando a raggiungere il livello critico, sono tutti elementi di una nuova realtà, per molti versi antitetica rispetto a quella degli ultimi decenni del secolo scorso, vissuti all’insegna della crescita e dello sviluppo.
Alcuni elementi di questa nuova realtà, la diminuzione del Pil e della produzione su tutti, potrebbero indurre a credere che la profonda recessione (parola sdoganata solo di recente) in cui siamo entrati, somigli in fondo molto da vicino alla società della decrescita, ...
Molti indizi suggeriscono che sia ormai iniziata la terza fase nell’evoluzione della fondamentale figura del debunker nel dibattito in Internet. Dopo Arcadia e Medioevo, ora tocca al Rinascimento. La prima fase ha avuto luogo approssimatamente dal 2002 al 2004, la seconda dal 2005 al 2008, la terza è appena cominciata, con l'avvento del 2009. (A chi non avesse ben chiara la definizione di “debunker” consigliamo di riguardarla, prima di proseguire, nel suo stesso interesse. Si trova in coda all’articolo).
Per quanto Internet esistesse già da tempo (il cosiddeto Pleistocene), è stato indubbiamente l’11 settembre a trasformare la rete nel campo di battaglia globale che oggi conosciamo, dove si dibattono ormai tutti i più importanti argomenti che riguardano l’umanità. Falso terrorismo, scie chimiche, revisionismo storico, finanza internazionale, bugie mediatiche, poteri occulti, mafia medica, ecc. sono diventati tutti argomenti di scontro frontale fra chi trova ingiuste certe situazioni e chi invece vuole che restino immutate.
Nei primi anni, con l’insorgere di queste problematiche, il debunker visse un periodo relativamente sereno – detto appunto Arcadia – nel quale gli bastava bighellonare allegro per la rete, buttando ogni tanto quà e là un “ma non diciamo stupidaggini!”. (Corrisponde alla prima fase descritta da Schopenhauer nel comportamento della società di fronte a una scomoda novità: il dileggio).
Ma presto gli stessi debunker si resero conto che si trattava di problemi molto complessi e variegati, e dovettero organizzarsi seriamente per tenere a bada questo dilagare improvviso di ideologia destabilizzante.
Iniziarono così gli anni bui del medioevo, dove il sangue scorse a fiumi, le bestemmie coprirono le parole, ...
A prima vista la notizia pubblicata su Repubblica sembra sensazionale: "Hiv: ecco come ci attacca - Filmato per la prima volta il momento in cui il virus passa da una cellula malata a una sana."
Questo significherebbe, prima di tutto, poter chiudere definitivamente l’annosa polemica sull’esistenza stessa del virus che causa l’AIDS, nata dal fatto che era stata riscontrata una percentuale di malati di AIDS risultati negativi al test HIV.
Ora invece avremmo addirittura un filmato che lo vede in azione mentre contagia una cellula sana. Sarebbe come passare dalla favola romantica di Arsenio Lupin, tramandata oralmente da nonni a nipoti, alla sua irruzione effettiva in un reality show. Ecco il video presentato da Repubblica:
Leggendo meglio però scopriamo che “i ricercatori hanno creato un clone del virus dove hanno inserito una proteina che diventa verde con l'esposizione alla luce”.
Perchè mai – viene da chiedersi – avranno dovuto creare un clone, per fare l’esperimento? Non potevano iniettare la proteina direttamentre nell’originale? Forse l’originale non era colorabile di verde?
Perchè qui i casi sono due: o quello è davvero un clone - nel senso che è identico in tutto e per tutto – e allora non si capisce perchè non usare l’originale. Oppure quello non è un clone vero è proprio, …
Obama fa licenziare il capo della General Motors
La dura presa di posizione di Obama sugli aiuti federali per l’agonizzante industria automobilistica ha obbligato il direttore della General Motors, Rick Wagoner, a dare le dimissioni.
Un gesto più che altro simbolico (bastasse licenziare i direttori …), ma altamente significativo, perchè segna uno storico capovolgimento nei rapporti fra governo e settore privato in America. Nel tempio del capitalismo moderno un qualunque interferenza governativa nelle scelte del libero mercato equivale ad una bestemmia impronunciabile.
Fino a ieri infatti i boss delle tre grandi dell’automobile (Ford, Crysler e GM) erano riusciti ad ottenere gli aiuti federali ricattando la nazione con lo spettro di un disastroso effetto domino, che avrebbe colpito più o meno tutti se fossero affondati loro (in effetti, la produzione di auto supporta una notevole quantità di industrie minori, dalle quali a loro volta dipende un’infinità di piccole imprese private). Ma una volta incassato la prima tranche (ancora sotto Bush, ma con l’accordo dei democratici), i boss dell’auto hanno continuato serenamente a licenziare dipendenti, senza mostrare una particolare urgenza di ristrutturare le loro pachidermiche società e adeguare l’intero processo produttivo alle nuove esigenze di mercato. In tutto questo hanno anche mantenuto un atteggiamento sprezzante, presentandosi a Washington con i loro costosissimi jet privati, invece di usare normali aerei di linea.
Qualcuno ha cominciato a domandarsi come mai questi profeti del capitalismo debbano godere in maniera esclusiva di tutti i profitti industriali, ma siano poi così disponibili a condividere con l’intera popolazione il peso delle perdite. Ma loro hanno continuato impavidi a respingere le richieste della nuova amministrazione di introdurre precisi obblighi da parte loro, nella seconda tranche di finanziamento, mettendosi ad urlare “questo è socialismo” ...
Da un articolo che voleva sottolineare gli aspetti positivi della legalizzazione della prostituzione è uscito un tale putiferio ideologico che impone di tornare sull’argomento - vista la sua importanza - per fare almeno un pò di chiarezza prima di lasciarlo definitivamente alle nostre spalle.
Tutto è nato dall’attributo di “civiltà”, riferito alla legalizzazione della prostituzione, che è stato percepito da alcuni come un assunto impostogli arbitrariamente, mentre a loro risultava tutt’altro che scontato.
Ne è scaturito un conflitto insanabile, che io ritengo vada attribuito ad una confusione iniziale fra due livelli completamente diversi della discussione: uno è quello del diritto individuale, l’altro è quello dei valori morali. Il livello del diritto è oggettivo, freddo e distaccato, ed è condivisible da chiunque, al di là delle opinioni di ciascuno. Caratteristica della legge infatti è proprio quella di essere “uguale per tutti” (almeno nelle intenzioni, si intende). Il livello morale invece è soggettivo, caldo ed emotivo, poichè comporta influenze di varia natura – culturale, psicologica, emotiva - che variano da persona a persona. I due livelli sono la testa e la pancia, la ragione e il sentimento, e quindi anche, per estensione, fatti e opinioni.
Sono due aspetti di fondamentale importanza nella vita umana, ma proprio per quello vanno tenuti rigorosamente separati nelle discussioni, poichè i valori morali, essendo soggettivi, finirebbero per togliere al processo analitico la caratteristica di oggettività che lo rende lo strumento, prezioso e insostituibile, che ci permette di vivere di comune accordo. Senza un parametro di riferimento oggettivo la mia opinione varrà sempre come la tua, e le nostre due varranno meno di niente. Non ci sarà quindi modo di derimere in modo soddisfacente una sola disputa che non comporti anche una valutazione soggettiva. Cioè praticamente tutte le dispute di questo mondo.
Nel nostro caso la confusione fra i due livelli è avvenuta nel momento in cui il termine “civiltà”, che era riferito ad un oggettivo passo avanti nella tutela del diritto individuale, è stato contestato in termini morali – cioè soggettivi – da chi percepisce la prostituzione con una particolare valenza negativa.
E poichè si trattava di un argomento che intacca svariati aspetti della nostra esistenza – sessualità, sfera affettiva, gratificazione personale, ...
di Marco Cedolin
Il megainceneritore di Acerra, inaugurato stamattina, avvelenerà l'aria ed il suolo attraverso le sue emissioni contenenti nanopolveri, diossina ed oltre 250 sostanze chimiche nocive che vanno dall’arsenico al cadmio al cromo al mercurio al benzene.
Farà aumentare l’incidenza dei tumori, delle malformazioni fetali e di una lunga serie di altre gravi patologie, fra la popolazione di un territorio già oggi conosciuto come “triangolo della morte” alla luce di una percentuale di patologie tumorali fra le più alte al mondo.
Produrrà energia in maniera assolutamente antieconomica, potendo sopravvivere economicamente solo grazie ai contributi Cip6 che tutti gli italiani dovranno continuare a pagare sotto forma di addizionale sulla bolletta elettrica. Produrrà energia in maniera assolutamente antiecologica, emettendo in atmosfera (oltre ai veleni) quantitativi di CO2 doppi rispetto ad una centrale a gas naturale di uguale potenza.
Distruggerà qualunque prospettiva di realizzare un moderno circolo virtuoso dei rifiuti, annientando la raccolta differenziata ed il riciclo, dal momento che i materiali più facilmente riciclabili, plastica, carta e cartone, sono anche quelli con più alto potere calorifico, indispensabili all’inceneritore per funzionare.
Ha già distrutto ogni anelito di democrazia, essendo stato costruito contro la volontà dei cittadini, ...
Quando mi iscrissi alla terza media, a Milano, ero appena rientrato da un paese straniero, dove avevo vissuto per qualche anno con la famiglia. L’impatto con i miei coetanei si presentava quindi come qualcosa di nuovo e sconosciuto, quasi come se dovessi affrontare di nuovo il “primo giorno di scuola”.
Dopo che fui presentato alla classe, i nuovi compagni mi si fecero intorno, e per prima cosa mi chiesero: “Tu sei dell'Inter o del Milan?”
Ricordo i loro sguardi ansiosi, che speravano di veder cadere dalla loro parte la nuova moneta, mentre io cercavo di spiegare imbarazzato che il calcio non mi aveva mai interessato più di tanto. Ricordo ancora meglio l'ondata di delusione collettiva che mi investì, facendomi sentire di colpo inutile e fuori luogo.
Un mese dopo recitavo a memoria la formazione dell’Inter, conoscevo la vita di Tarcisio e di Luisito come se fossimo cresciuti insieme, e avevo imparato a trattare i milanisti come la peggior feccia dell’umanità. (Non ricordo nemmeno perchè scelsi l’Inter. Forse per dispetto a qualcuno che il primo giorno aveva detto "che figo quello, sicuramente è un milanista").
Questo è il problema nella nostra società: se non sei con qualcuno non sei nessuno.
Quella dell’appartenenza al branco è una caratteristica ancestrale, che ci portiamo nel DNA e che possiamo riconoscere in molte specie animali. Non è quindi un “difetto” di per sè, nè tantomeno qualcosa che si possa liquidare come una semplice anomalia.
Bisogna però distinguere l’istinto primordiale di sopravvivenza, che porta l’animale a compattarsi con i suoi simili per difendersi dalle altre specie, e altre forme di polarizzazione, all’interno del gruppo, che non sempre sono naturali o necessarie.
La mia classe era composta tutta di ragazzi come me, e non c’era alcun bisogno di separare gazzelle da leoni, perchè fra noi non esistevano nè le une nè gli altri. Li stavamo creando noi in quel momento.
Anzi, l’ ”unità” sociale minima, a quell’età, è proprio la classe scolastica, ...
[All’interno video-intervista con trascrizione completa].
Ricordate la discussione su Obama-burattino? Abbiamo sbagliato tutti, a quanto pare, su un fronte come sull’altro.
Abbiamo dedicato notevoli energie, nei mesi scorsi, per cercare di capire fino a che punto fosse valida la teoria proposta da Webster Tarpley, nella quale Barack Obama sarebbe stato un candidato “costruito in laboratorio”, con una facciata vistosamente liberal, destinata a raccogliere i consensi di un popolo frustrato e confuso, ma con un’agenda strettamente imperialistica, coordinata dal “grande vecchio” del neo-colonialismo americano di fine secolo, Zibigniew Brzezinski.
Come ampiamente illustrato nel suo libro “The Grand Chessboard” (“Il grande scacchiere”), la filosofia di Brzezinski prevedeva di arrivare alla supremazia geopolitica tramite un indebolimento dell’impero sovietico, da ottenere con il progressivo passaggio dei suoi paesi-satellite alla sfera occidentale, accompagnato da una strategia che alimentasse una costante destabilizzazione fra Russia e Cina.
In tutto questo - secondo Tarpley – Obama era stato individuato come veicolo ideale per ripristinare questa strategia a discapito di quella, molto più limitata nelle ambizioni (e decisamente fallimentare sul campo), messa in atto dai neocons negli ultimi otto anni.
Contrariamente a Tarpley, c’era chi sosteneva che ormai i tempi fossero cambiati in maniera così radicale, rispetto agli anni ’80, che quel genere di politica sarebbe assolutamente improponibile oggi, chiunque fosse il presidente: con Russia e Cina più forti che mai, con un esercito logoro e insufficiente, con il paradigma energetico da rivedere alla radice, con un debito estero ormai fuori controllo, …
Leggi tutto: L'uomo che amava restare nell'ombra