19 Luglio 1992 - Una strage di Stato
Un intervento di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso nel 1992, che denuncia la collusione fra istituzioni e crimine organizzato, e rivela una contraddizione apparentemente insanabile. (Il filmato è stato editato per motivi di lunghezza. Quitrovate il filmato originale, di circa 30 min.)
La rabbia e la frustrazione espresse da Salvatore Borsellino vanno ben oltre il caso specifico della morte del fratello, o quella di Giovanni Falcone, e riflettono la contraddizione stessa di chi è obbligato a chiedere giustizia allo stesso stato che si è reso colpevole dei crimini commessi.
Rabbia e frustrazione trovano radice nel conflitto, apparentmente insanabile, fra la visione ideale dello Stato e la sua effettiva concretizzazione.
Come scrisse Schopenhauer, l’angoscia di un popolo si misura nella distanza fra gli ideali che si propone e la loro effettiva realizzabilità. In questa luce, l’angoscia frustrata di Salvatore Borsellino sembra descrivere una specie di paradosso matematico, ...
La parola agli esperti. Un documentario statunitense sull’11/9, One Nation Under Siege, per valutare l’attacco al Pentagono dà spazio ai dubbi di un vecchio ufficiale, il generale a due stelle Albert Stubblebine III, il quale dichiara che non può essere stato un Boeing 757 a colpire il Dipartimento della Difesa.
La dichiarazione proviene da una fonte di un certo peso. In piena guerra fredda, in anni di massima tensione USA-URSS, Stubblebine comandava una delle più delicate articolazioni dell’intelligence militare americana. L’organizzazione da lui comandata si chiamava (e si chiama tuttora) United States Army Intelligence and Security Command (INSCOM). Vi sono inquadrate decine di migliaia di unità con elevata specializzazione.
Per non perderci nel ginepraio delle sigle, ci basti sapere che l’INSCOM è l’anello di collegamento fra US Army e National Security Agency (NSA), ossia fra l’esercito statunitense e il cuore dello spionaggio elettronico: congiunge la struttura che dispone i piani militari operativi sul terreno con la megastruttura d'intelligence che fornisce - in estremo dettaglio - le immagini e i suoni del territorio e di chi lo percorre, ovunque nel mondo. La sede dell'INSCOM è nella base di Fort Belvoir. L'11 settembre 2001 vi si svolgeva un’esercitazione che supponeva di «testare la sicurezza della base in caso d’attacco terroristico». Una delle tante esercitazioni in corso, proprio quel giorno, ...
"«Preoccupazione» e «indignazione». Non ci sono altre parole per descrivere la sciagura delle due bimbe rom che ieri sono annegate a Torregaveta, vicino a Pozzuoli, i cui cadaveri sono rimasti per ore in spiaggia tra l'indifferenza dei bagnanti. Parole forti quelle di Laura Boldrini, portavoce dell'alto commissario per i rifugiati dell'Onu."
Inizia così l’articolo del Messaggero sull’annegamento di due bambine avvenuto l’altroieri sulla spiaggia di Torregaveta.
Poi l’articolista si tuffa in un esercizio di pietistica degno del peggior Pascoli: “Come ogni sabato a lavorare per raccogliere qualche euro. Ma le bimbe lavoratrici restano bimbe e non resistono alla voglia di tuffarsi in mare, nonostante le onde agitate che bagnano la spiaggia libera. Loro probabilmente non sanno nuotare, non hanno neanche il costume e si gettono in mare vestite.“
Segue il capo d’accusa principale, che dovrebbe spiegare l’ “indignazione” iniziale: “I corpi lasciati per ore sulla spiaggia. Intanto sulla spiaggia un centinaio di bagnanti continuano a prendere il sole, come se nulla fosse successo. Come se quei due cadaveri rimasti per ore a terra, coperti con teli da mare, fosserso invisibili.”
Completa il quadro il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, che dichiara: “Girarsi dall’altra parte o farsi gli affari propri può essere a volte più devastante degli stessi eventi che accadono”.
L’articolo di Radio Vaticana prosegue: Dopo la tragedia, c’è stata la sorprendente reazione di una parte dei bagnanti che hanno continuato a pranzare e a prendere il sole, come se nulla fosse successo. Alcune foto ritraggono i due corpi senza vita adagiati in riva al mare ...
di Antonello Angius
Cos'hanno in comune i prezzi impazziti di un mercato finanziario e il consenso populista? Il caso italiano, fra dramma e operetta.
Noise: con questo titolo l’economista Fischer Black esponeva a una platea attonita, presso la American Finance Association, le sue tesi sul condizionamento del “rumore” nei mercati. Era il 1986, Black era conosciuto come un esperto di valutazione dei beni di investimento, sui quali aveva costruito una rigorosa teoria dell'equilibrio dei prezzi. Ma accanto al modello teorico aveva coltivato lo studio delle dinamiche reali dei mercati, giungendo infine a dichiarare che “il prezzo si colloca rispetto al valore con un fattore 2, ossia può andare dalla metà del valore reale al doppio“. Inutile quindi illudersi che i prezzi dei mercati finanziari corrispondano a stime tecniche. Perchè nel mondo reale, dice Black, un numero considerevole di scambi viene effettuato da individui non informati, i “fools and gamblers”, gli sciocchi e gli speculatori, che con ruoli complementari vivono nel rumore. Gli unici peraltro che secondo Warren Buffet, uno dei massimi esperti mondiali di mercati finanziari, potevano alimentare i cosidetti “derivati” che hanno innescato l'ultima bolla speculativa e la successiva crisi economica planetaria.
Dunque anche se esistono le stime tecniche dei valori (appraisals), per chi le sa e le vuole leggere, una parte rilevante – e in alcuni periodi preponderante – dei mercati con il proprio corollario di banche e di fondi lascia che l'informazione venga sovrastata dal rumore: voci, dati giornalistici inaccurati, erronei o “pettinati”, indicatori di mercato marginali assunti come bussola per le fiammate e le scommesse di un giorno, in attesa del rumore del giorno dopo quando i giornali di ieri saranno al macero.
Se questo accade nell'economia, dove comunque non mancano analisti indipendenti, metodi e algoritmi per identificare oscillazioni di prezzi ragionevolmente vicine ai valori reali, come si alimenta il rumore in politica, e come distinguerlo dall'informazione? Anche chi vota un politico fa un investimento, scambiando consenso per risultati attesi, e ha diritto a una corretta informazione prima e dopo le sue scelte. Ma dove sono, nel caso della politica, gli analisti indipendenti?
Prendiamo un respiro profondo e dalle acque di superficie della politics italiana, schiumeggianti dei titoli del giorno, immergiamoci in profondità, ...
di Marco Cedolin
Silvio Berlusconi è “sceso” a Napoli per annunciare la fine dell’emergenza rifiuti in Campania, risolta dal suo governo con un vero e proprio colpo di bacchetta magica in soli 58 giorni, durante i quali secondo le sue parole lo Stato è tornato a fare lo Stato e Napoli è ritornata ad essere una città occidentale. Si sarebbe trattato, secondo il premier di una sorta di “missione impossibile” vinta dal governo anche contro tutti coloro che avevano scommesso nella mancata riuscita dell’operazione.
Le strade sono tornate libere dalle 50.000 tonnellate di rifiuti che le ammorbavano, come ampiamente documentato dai servizi del TG5 che hanno mostrato più volte le riprese video di qualche mese fa con i sacchetti della spazzatura che sembravano essere dappertutto, messe a confronto con quelle di questi giorni che documentano strade linde e pulite ai bordi delle quali si possono notare i cassonetti disposti ordinatamente in fila con i coperchi chiusi.
Ora che la fase drammatica dell’emergenza come per incanto è terminata si deve provvedere, nelle intenzioni del Premier, alla messa a regime di tutto il sistema dei rifiuti ...
Ritorno sull’argomento delle impronte digitali, della privacy e del “controllo del cittadino“ in generale, perché la discussione di ieri ha aperto spunti interessanti, e vale la pena di provare a trarre qualche conclusione.
Sono stati presentati due articoli apparentemente contrapposti, che hanno fatto molto discutere, dividendo più o meno a metà le opinioni degli altri utenti. In realtà, rileggendo tutti i commenti da cima a fondo, ci si rende conto che i due articoli non sostenevano affatto due tesi opposte, ma analizzavano due volti della stessa medaglia.
Che esista un continuo e insistente tentativo da parte delle autorità di “tenere sotto controllo“ i cittadini, nessuno lo mette in dubbio. Quella che è in discussione, caso mai, è la reale valenza di questo tentativo: si può pensare alle impronte digitali (e a qualunque altra schedatura di questo tipo) come a un micidiale strumento di potere, del quale i governanti potrebbero fare un uso improprio a loro piacimento. Oppure si può pensare alle impronte digitali (e a qualunque altra schedatura di questo tipo) come uno strumento di deterrenza psicologica, inteso a “far sentire” il cittadino sotto controllo più di quanto sia nella realtà.
Proviamo per un istante a metterci dalla parte opposta della barricata: siamo in quattro gatti, messi a governare 50 milioni di persone che rischiano di accorgersi da un momento all’altro della monumentale presa in giro di cui sono vittime. Gente onesta, che lavora dal mattino alla sera, e si spacca la schiena anno dopo anno, ...
CONTROLLO – di Marco Cedolin
LA PAURA DEL “GRANDE FRATELLO” – di Massimo Mazzucco
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CONTROLLO
A partire dal 1° Gennaio 2010 tutti gli italiani saranno obbligati a fornire le proprie impronte digitali per ottenere la carta d’identità, come prevede un emendamento al decreto legge sulla Sicurezza che ha ottenuto il si di maggioranza ed opposizione nelle commissioni Bilancio e Finanza della Camera. Proprio i deputati del PD sembrano essere i più felici per l’approvazione della nuova norma proposta dal Pdl, in quanto a loro dire disinnescherebbe la “questione rom” ora che le impronte verranno prese a tutti.
Non è facile comprendere il cortocircuito logico di cui si fa portatore il centrosinistra, in virtù del quale schedare i cittadini alla stessa stregua dei criminali cessa di essere un’azione riprovevole nel momento in cui la schedatura viene applicata a tutti e non solamente ai bambini rom. Non è facile in quanto un’azione riprovevole quale costringere colui che non ha commesso alcun reato a fornire le proprie impronte digitali rimane tale per la sua stessa natura di coercizione immotivata, a prescindere dal fatto che egli sia o meno un rom, ma questo piccolo particolare sembra essere sfuggito ai deputati di Walter Veltroni...
di Marco Cedolin
I confini fra il mondo dell’informazione giornalistica e quello della promozione pubblicitaria hanno continuato negli ultimi decenni a farsi sempre più labili, consentendo alla pubblicità di fagocitare con sempre maggiore avidità larga parte degli spazi deputati a produrre informazione.
Il lancio sul mercato del nuovo iPhone (leggasi cellulare) della Apple, magnificato da giorni nel corso dei telegiornali e sulle testate dei maggiori quotidiani, da parte di una folta schiera di giornalisti che si sono prodigati nel mettere in luce le mirabolanti qualità tecnologiche e la straordinaria filosofia che si cela all’interno di un apparecchio che a loro dire rivoluzionerà la vita degli italiani, ci ha permesso di constatare oggettivamente quanto in profondità gli spot pubblicitari abbiano ormai colonizzato ogni spazio informativo.
I telegiornali fotocopia di Rai e Mediaset, fra il “pastone” politico ed il resoconto dei fatti di cronaca più eclatanti non arrivano a dedicare all’informazione più di una dozzina di minuti, mentre l’intero quarto d’ora che segue è in realtà un’infinita sequela di spot pubblicitari mascherati, neppure troppo bene, sotto forma di notizia. Senza la canonica dicitura “messaggio promozionale” ed ovviamente senza “fattura” si pubblicizza ogni cosa, dall’ultimo cd della popstar di successo al nuovo film del regista emergente, dalla tournée del cantante famoso al libro dello scrittore intellettualmente impegnato e politicamente corretto, dall’ultima vettura nata in casa Fiat alla nuova collezione dello stilista di grido, dalle località sciistiche a quelle balneari, dal “melafonino” che ti cambierà la vita allo scooter che riscopre le tradizioni.
È di poche ore fa la sorprendente notizia che un alto emissario dell’amministrazione americana, William Burns, incontrerà il suo corrispettivo iraniano, Saeed Jalili, il prossimo sabato a Ginevra. Sarà Xavier Solanas a fare gli onori di casa.
Questo passo segna una svolta fondamentale nella politica estera dell’ amministrazione Bush, che negli ultimi anni aveva categoricamente rifiutato qualunque tipo di trattativa con l’Iran. Di fatto, è dal tempo della “crisi degli ostaggi”, nel 1979, che Stati Uniti e Iran non avevano più relazioni diplomatiche.
E’ interessante notare come questo gesto di distensione venga dopo un periodo nel quale i tamburi di guerra hanno rullato alla massima potenza, facendo schizzare alle stelle il prezzo del petrolio: evidentemente l’amministrazione Bush deve trovare un modo per calmierarlo, almeno fino a novembre, ...
“Ventitre anni e nove mesi di reclusione per 15 imputati e assoluzione per 30: e' la sentenza emessa questa sera dopo 11 ore e mezza di camera di consiglio dalla terza sezione del tribunale di Genova presieduta da Renato Delucchi. I Pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati avevano chiesto condanne nei confronti di 44 imputati per oltre 76 anni di carcere con pene variabili da 6 mesi a 5 anni e 8 mesi di reclusione e una sola assoluzione. In pratica i giudici hanno ridotto di un terzo sia le richieste di condanna che il numero dei condannati. Non hanno inoltre confermato per la maggior parte degli imputati il reato di abuso d' ufficio doloso, contestato dai pm in sostituzione del reato di tortura non ancora previsto dal nostro ordinamento giudiziario.”(ANSA)
Non è facile interpretare la sentenza di Genova sui fatti di Bolzaneto. La si può infatti vedere come una prima vittoria “della gente” (i normali cittadini che hanno subito le violenze) contro l’apparato istituzionale, che normalmente difende i propri rappresentanti ben oltre la giusta misura, pur di non “riconoscere” di avere sbagliato.
A favore di questa lettura resta il fatto che sarebbe davvero la prima volta nella storia italiana che la magistratura condanna in maniera così decisa e univoca un sostanzioso gruppo di appartenenti alle forze dell’ordine.
Oppure la si può leggere come una “falsa soddisfazione”, concessa ai cittadini stessi, ...
E' "solo" una TV della Sardegna, ma Videolina da tempo si distingue per mostare ai suoi colleghi "in continente" come andrebbero affrontati certi argomenti, che loro invece scelgono sistematicamente di ignorare (ha fatto spesso la stessa cosa con le scie chimiche).
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