I giornalisti italiani ormai sono senza vergogna. Sentite questo articolo de "La Stampa", intitolato : "Mosca ha fatto operazioni di disinformazione anche in Catalogna".
Mamma mia, a leggere il titolo ti vengono i brividi. Che cosa avranno fatto mai i russi cattivi, questa volta? Si saranno infiltrati fra le fila dei nazionalisti, dicendo loro che se votavano "no" sarebbero stati espulsi dalla regione catalana? Oppure si sono infiltrati fra quelle dei secessionisti, dicendo loro che avrebbero avuto la nazionalità russa se avessero votato "sì"?
Nulla di tutto questo, a quanto pare: il peccato più grave commesso da Sputnik News e di RT, secondo la ricerca di DFRLab citata dall'articolo, sarebbe stato quello di distorcere il significato di una frase di Juncker: il presidente della UE ha detto "rispetteremo l'opinione dei catalani", mentre i russi maledetti hanno tradotto "rispetteremo la scelta dei catalani".
di Attilio Folliero
Il 15 settembre 2017 Venezuela ha cominciato a segnalare il prezzo di vendita del proprio petrolio in Yuan cinese, la cui sigla internazionale è CNY. Il Ministero dell’Energia e Petrolio del Venezuela nella sua pagina web ha riportato il prezzo medio di vendita settimanale del proprio petrolio in 306,26 Yuan, in aumento rispetto alla settimana scorsa quando era stato in media 300,91 Yuan.
Prezzi del petrolio nella pagina web del Ministero dell'Energia e Petrolio del Venezuela
Per la prima volta nella sua storia il prezzo del petrolio venezuelano non è più indicato in dollari. Nella stessa pagina web, però si riporta anche il cambio Dollaro/Yuan. Per un dollaro la settimana scorsa (all’8 settembre) occorrevano 6,52 yuan, alla data odierna per un dollaro occorrono 6,55 yuan.
Decisamente, Kim Jong Un non scherza.
Quelle che fino a qualche mese fa sembravano delle semplici sbruffonate da bar, si stanno rivelando minacce reali e concrete. Prima Kim Jong Un ha dimostrato di possedere razzi in grado di raggiungere gli Stati Uniti, e poi (ieri) ha fatto vedere al mondo di possedere testate all'idrogeno, che possono essere trasportate da quei razzi.
Da oggi quindi, teoricamente, Kim Jong Un potrebbe lanciare sugli Stati Uniti una o più bombe decine di volte più potenti e devastanti di quella che colpì Nagasaki nel 1945. E gli Stati Uniti hanno già ammesso che il loro sistema di difesa ha soltanto un 60% di probabilità di intercettare ed abbattere un tale missile lanciato dalla Corea del Nord.
A sua volta, Donald Trump aveva fatto la voce grossa, qualche mese fa, quando diceva che qualunque atto ostile contro gli Stati Uniti sarebbe stato seguito da un "fuoco e furia mai visto fino ad oggi" contro la Corea del Nord.
Nel dichiarare che la guerra in Afghanistan "continuerà finché avremo raggiunto la vittoria finale", il presidente Trump ha affermato insieme una grande verità e una grande bugia.
La grande verità è che i presidenti americani in politica estera non contano praticamente nulla. Già Obama era entrato alla Casa Bianca dichiarando di voler mettere fine all'invasione dell'Afghanistan, ma dopo pochi mesi si era trovato a fare marcia indietro, mandando invece altri 30.000 soldati proprio in quel territorio.
Anche Donald Trump aveva, fra le sue promesse elettorali, quella di "mettere fine all' invasione inutile e costosissima dell'Afghanistan", ma dopo pochi mesi ha invece dovuto dichiarare, appunto, che la guerra continua fino a nuovo ordine.
Evidentemente c'è qualcosa che il neo presidenti non sanno, e che vengono ad apprendere soltanto dopo essere entrati nell'ufficio ovale.
I cosiddetti "difensori della democrazia" venezuelani - così vengono definiti dai media occidentali gli oppositori di Maduro - ricordano molto da vicino i famosi "ribelli moderati" finanziati dalla CIA per abbattere Assad in Siria. Quelli che si mangiavano il cuore degli avversari appena uccisi in battaglia, tanto per capirci.
Nel video, Orlando Figuera viene prima linciato e poi bruciato vivo dagli avversari di Maduro [IMMAGINI FORTI, ANCHE ALL'INTERNO].
di Attilio Folliero
Aveva finito la giornata di lavoro, tornava a casa, era di pelle oscura, un afro-venezuelano. Orlando Figuera cercava una stazione del metro. Dimentico di trovarsi nella zona chic di Altamira e Chacao, quella dei più benestanti e reazionari di Caracas. Lì vivono soprattutto i discendenti dei migranti Europei. Arrivarono con valigie di cartone e pantaloni rattoppati, ora vedono come un pericolo tutto il resto dei venezuelani, vale a dire il 95% della popolazione.
Quella dell'imperialismo è una brutta malattia. Una volta che ne vieni contagiato, diventa difficile liberarsi dal morbo.
In questo senso vanno le dichiarazioni di Al-Maliki, l'attuale presidente dell'Iraq, il quale accusa gli Stati Uniti di volersi prendere il merito per la sconfitta dell'ISIS a Mosul, "mentre sono stati loro che hanno contribuito a creare questa organizzazione".
In una serie di dichiarazioni senza peli sulla lingua, riportate da RT, Al-Maliki ha detto che "la riconquista di Mosul è stata un successo del popolo iracheno, mentre ora gli Stati Uniti cercano di impadronirsene sostenendo di essere stati loro a guidare quella guerra".
"Certamente - ha aggiunto Al-Maliki - loro ci hanno aiutato con l'aviazione, ma il merito maggiore va ai soldati iracheni e alla milizia popolare. E questa vittoria ci è costata molto cara, con circa 20.000 soldati e poliziotti iracheni che sono morti o sono rimasti feriti nei combattimenti".
Al recente Forum Economico di S. Pietroburgo Megyn Kelly - la nuova star della NBC americana, portata via a suon di milioni dalla FOX - è stata mandata ad intervistare Putin, con il preciso compito di "fargli fare una brutta figura" davanti alle telecamere. Ecco il risultato. [Sintesi]
TESTO DEL VIDEO: All'inizio dell'intervista, Megyn Kelly è partita con il ritornello accusatorio contro la Russia, per aver interferito nelle elezioni americane.
MK: Tutte le 17 agenzie di intelligence americane hanno concluso che la Russia ha interferito nelle nostre elezioni. Secondo lei si sbagliano tutte?
VP: Ma lei li ha letti questi rapporti?
L'incontro tra Trump e Putin, accompagnati dai rispettivi ministri degli esteri, avrebbe dovuto durare circa mezz'ora, e invece si è protratto per oltre due ore.
Questa potrebbe sembrare una bella notizia, nel senso che sapere che i leader delle due superpotenze desiderano parlare fra loro dovrebbe tranquillizzare gli animi di tutti coloro che temono una escalation di tensione a livello internazionale.
Ma basta leggere un articolo apparso oggi sulla CNN per capire come la pensi veramente l'establishment americano, riguardo a questa apparente armonia fra Putin e Trump.
Come sappiamo infatti gli organi di stampa come la CNN e le altre grandi testate sono solo dei megafoni di propaganda dei poteri forti: CIA, banchieri, petrolieri, e soprattutto il famoso complesso militare-industriale, individuato da Eisenhower già negli anni '50.
Ebbene, questi poteri forti non vogliono che ci siano una equivalenza di fondo ed un rispetto reciproco fra Stati Uniti e Russia, e lo fanno dire chiaramente al proprio portavoce (l'autore dell'articolo, Edward Lucas):
Commuoviamoci.
Bana Alabed, la bambina di 7 anni che twitta da Aleppo "facendoci conoscere gli orrori della guerra in Siria" è stata nominata da Time Magazine una delle 25 persone più influenti dell'anno in internet.
Povera Bana, che si è trovata a fare da testimone delle "atrocità" di Assad, ma che per fortuna riesce a twittare in perfetto inglese dalla città sotto i bombardamenti, addirittura quando in tutto il suo quartiere viene a mancare la corrente elettrica! (La mamma di Bana, per giustificare questi exploit linguistici, ha spiegato che lei è una insegnante di inglese, e che spesso aiuta la figlia a scrivere i suoi tweet. Mentre il "miracolo tecnologico" delle trasmissioni durante il black-out di Aleppo è spiegato con il fatto che nella sua casa avrebbero addirittura i pannelli solari, per alimentare i telefoni cellulari ed i computer).
Ma questo all'opinione pubblica non interessa: Bana è l'eroina del giorno, ed è anche la bambina di 7 anni che lo scorso 7 aprile, subito dopo il bombardamento della base siriana da parte degli americani, ha avuto la prontezza di riflessi di twittare "I am a Syrian child who suffered under Bashar al Asad & Putin. I welcome Donald Trump action against the killers of my people. Putin and Bashar al Asad bombed my school, killed my friends & robbed my childhood. It's time to punish the killers of children in Syria."
Non solo la love story fra Putin e Trump non si è mai potuta consumare - grazie all'isteria, montata appositamente dai suo avversari, del Russiagate - ma i rapporti fra i due rischiano di diventare ancora più tesi, a causa della complessa situazione europea.
Giovedì scorso infatti il senato americano ha votato una legge che tende ad inasprire ulteriormente le sanzioni occidentali contro la Russia. In particolare, questa nuova legge propone di penalizzare economicamente le aziende europee che collaborassero con le società petrolifere russe nella costruzione del famoso gasdotto Nord Stream 2. Come è noto il Nord Stream 2 è il progetto russo che dovrebbe portare gas dalla Russia a mezza Europa, raggiungendo la Germania attraverso il Mar Baltico.
Ed infatti proprio la Merkel ha apertamente criticato questa nuova serie di sanzioni contro la Russia, che andrebbero anche a penalizzare le società europee che collaborano con i russi.
Vediamo prima la versione ufficiale dei fatti. Secondo questa versione l'Arabia Saudita, insieme all'Egitto, al Bahrein, agli Emirati Arabi e allo Yemen, hanno improvvisamente deciso di interrompere ogni relazione diplomatica con il piccolo Stato del Qatar. Frontiere chiuse, voli interni cancellati, spazio aereo negato, e al massimo due settimane di tempo per i cittadini catarioti che vivono in Arabia Saudita per rientrare casa loro. Gli emirati arabi addirittura hanno dato ai cittadini del Qatar soltanto quarantott'ore per fare le valigie ed abbandonare il paese.
Il motivo di tutto questo sarebbe, ufficialmente, il fatto che il Qatar "offre supporto a svariati gruppi terroristici come la Fratellanza Musulmana, l'ISIS e Al-Qaeda".
Ohibò - vien da dire - stai a vedere che di colpo gli arabi si sono resi conto che il terrorismo porta instabilità nella regione, ed hanno deciso di isolare e metterlo sotto accusa il loro principale finanziatore, il Qatar appunto.
Ma le cose non sono così semplici come vorrebbero raccontarcele.
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