Non c’è giorno che passi, ormai, senza che i virologi riescano nell’impresa di dire tutto e il contrario di tutto. Qualcuno continua a lanciare allarmi, parlando di nuove varianti di Covid particolarmente contagiose che richiederebbero massima attenzione. Altri smentiscono categoricamente, invitando i cittadini a non preoccuparsi affatto. Un clima di totale confusione originato, in particolar modo, dall’avvento della variante BA.2.86, già soprannominata “Pirola“: segnalata inizialmente in Israele e Danimarca, questa forma virale si sta diffonendo ormai in tutto il mondo. Ecco, nello specifico, di cosa si tratta.
Come spiegato da Fanpage, si tratta di una forma altamente mutata di Sars-Cov-2, il virus che causa il Covid. Rispetto alla sua progenitrice, la variante BA.2, più conosciuta come Omicron 2, presenta oltre 30 mutazioni a livello della proteina Spike, che è la porzione che il virus utilizza per legare le cellule e penetrare al loro interno, e contro cui sono stati progettati i vaccini. Ma si tratta davvero di un pericolo?
Mentre Donald Trump era impegnato nelle sue vicende giudiziarie in Georgia, si è svolto sulla Fox il primo confronto fra i candidati alla nomination repubblicana che vorrebbero strappargli il titolo di contendente alla Casa Bianca.
Fra i vari nomi relativamente conosciuti (Ron De Santis, Nikki Haley, Chris Christie) ne è uscito uno assolutamente sconosciuto fino a ieri, che sembra aver incontrato il favore del pubblico conservatore: Vivek Ramaswamy.
Ramaswamy si sta giocando tutte le sue carte sull’idea di “dire sempre la verità, specialmente quando è una verità dura e scomoda”. “Preferisco perdere questa elezione dicendo sempre la verità – ha dichiarato Ramaswamy - piuttosto che vincerla dicendo quello che bisognerebbe dire”.
Per dare un esempio concreto, durante una intervista al mensile The Atlantic, Ramaswamy ha dichiarato che “il governo americano non ci ha detto tutta la verità sull’11 settembre”.
Ad abbattere il Dc9 dell’Itavia precipitato vicino a Ustica il 27 giugno 1980 fu un missile francese. A sottolinearlo, con parole molto nette, è stato l’ex premier italiano Giuliano Amato, che in un’intervista rilasciata a Repubblica ha spiegato: “Era scattato un piano per colpire l’aereo sul quale volava Gheddafi, ma il leader libico sfuggì alla trappola perché avvertito da Craxi. Adesso l’Eliseo può lavare l’onta che pesa su Parigi”. Una presa di posizione che conferma quanto riportato più volte, negli anni, da alcuni giornali, che aveva avanzato l’ipotesi di un coinvolgimento di Parigi nell’accaduto. A sostenere la tesi era stato anche, tra i tanti, Francesco Cossiga.
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di Riccardo Merendi
Che in nome di una discutibile emergenza un governo decida di costruire opere costosissime, pericolose e forse inutili può far parte del gioco economico-politico a cui, poco alla volta, i cittadini si sono assuefatti subendo una disinformazione di sempre più alto livello (per chi la conosce, è la storia della rana di Chomski). Che per giustificare la "discutibile emergenza" si ricorra a una guerra -che non si sa se contribuisca alla democrazia ma di certo procura utili favolosi ai produttori di armi- può far parte della ben nota tattica di nascondere biechi interessi dietro "alti ideali".
Ma che un politico rampante si vanti di aver "approvato in quattro mesi ciò che di solito richiede dai cinque ai dieci anni" quando il decreto che ha firmato fa acqua da tutte le parti sembra azzardato se non suicida!
E quasi ce l'aveva fatta grazie alla tattica, anche questa ben nota, di una trasparenza talmente trasparente da rendere impossibile vederci qualcosa: oltre mille documenti dei quali solo il decreto conclusivo di oltre mille pagine! Chi mai leggerebbe quella mole abnorme di documenti? E a che scopo, sapendo come vanno le cose?
Ma come succede in certi film, e qualche rare volte nella realtà, sfogliando i documenti del progetto un ingegnere meccanico di Ravenna, il sottoscritto, si è accorto che la procedura di collaudo del gasdotto non solo non era conforme alle norme, ma era addirittura impossibile da superare!
E’ stata pubblicata su Biomedicines una review che punta chiaramente il dito contro la proteina Spike, sia da Covid che da vaccino. Il titolo non lascia dubbi: ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from Both Virus and Vaccine mRNA (Spikeopatia: la proteina Spike del Covid 19 è patogena, sia quella del virus che quella del vaccino mRNA).
Ecco alcuni passaggi presi dall’abstract e dall’introduzione.
ABSTRACT: La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo, gli elevati tassi di eventi avversi, senza precedenti, hanno messo in ombra i benefici.
Questa revisione presenta prove dei danni diffusi causati dal nuovo prodotto COVID-19 mRNA e vaccini adenovettori DNA, e per la prima volta tenta di fornire una panoramica completa dei danni derivanti dalla nuova tecnologia dei vaccini, che si basava sulla produzione di cellule umane di un antigene estraneo con evidenza di patogenicità.
Negli ultimi commenti liberi un utente ha scritto questo messaggio, che evidenzia un problema che molti di noi sentono da vicino:
“A questo punto Massimo io ti chiederei con tutto il cuore di iniziare a porre le basi per un think tank sul cosa possiamo fare noi comuni mortali per rendere le cose più difficili a questi fdp. Perché di materiale che provi l’arroganza di certa casta oramai c’è ne molto, sarebbe giunto il momento di prendere le menti più brillanti che circolano qui su LC e spremerle per creare una politica vera dal basso verso l’alto. Tu Massimo avresti il ruolo importantissimo di indirizzare tutto questo verso un obiettivo concreto e realizzabile. Altrimenti scriviamo e leggiamo tante cose importanti, ma rimane tutto sterile, non so se mi sono espresso bene.”
Indipendentemente da un mio possibile ruolo, quello di passare "dal dire al fare" è un problema sentito da molti. Spesso io ricevo email che in sostanza mi dicono: “Si vabbè, tutto bello e giusto, ma in concreto cosa facciamo?”
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Di Enrico Gianini
Come tanti oramai avranno appreso dalle varie fonti, la giunta torinese sta per limitare l’uso delle auto diesel EURO 5 in determinate aree della Città di Torino, come scrive sicurauto.
Nonostante le intenzioni che lasciavano intravedere un cambio di rotta, la giunta di centro-destra del Piemonte ha confermato lo stop ai diesel Euro 5 nell’autunno-inverno 2023-2024, così come previsto dal piano per migliorare la qualità dell’aria (messo a punto a seguito di una condanna dell’UE).
Il blocco diesel Euro 5 scatterà il 15 settembre 2023 e non riguarderà l’intero Piemonte ma i 76 Comuni, tra cui il capoluogo Torino, individuati dal DGR 26-3694 del 6/8/2021.
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