di Marco Cedolin
Qualche giorno fa a Grugliasco, alle porte di Torino, le autorità, contornate da un nutrito codazzo di giornalisti, hanno presenziato all'inaugurazione del cantiere per la costruzione del nuovo forno inceneritore del Gerbido, prima di recarsi tutti quanti al rinfresco, dove fra un pasticcino e un sorso di spumante si sarebbe potuto dare libero sfogo al compiacimento derivante dal "regalo" fatto alla città da parte della classe politica che l'amministra.
Ad assistere al penoso teatrino, oltre ai disinformatori di professione, solamente un centinaio di contestatori delusi, più che arrabbiati, il che in una città che con l'hinterland supera il milione di abitanti significa l'assoluta mancanza di qualsivoglia reazione da parte della cittadinanza. In parole povere i torinesi ed i cittadini di Grugliasco, Beinasco, Orbassano, Rivalta e Rivoli, hanno ritenuto giusto non interessarsi del nuovo megainceneritore.
L'inceneritore del Gerbido in compenso ha già iniziato ad interessarsi di loro, partendo dai portafogli, salassati per alcune centinaia di milioni di euro (cifra che continua ad aumentare progressivamente) necessarie per la costruzione, per arrivare alla loro salute che l'impianto metterà a repentaglio anche qualora continuino a restare voltati dall'altra parte.
Il megainceneritore brucerà 421.000 tonnellate di rifiuti/anno ma la capacità massima ...
Lo spettacolo di Marco Paolini sul Vajont, ricordato dal recente articolo di Povoleri, ha riportato in luce un problema che accomuna tutte le grandi tragedie di questo tipo, che siano state causate dall’uomo oppure direttamente dalla natura: chi è responsabile, in ultima analisi, delle decisioni da prendere?
Sembra infatti che l’uomo si sia perfettamente organizzato, nel cosiddetto mondo civile, per distribuire correttamente compiti e responsabilità in tutto quello che è di normale amministrazione: ogni scuola ha il suo preside, ogni ospedale ha il suo direttore, ogni società il suo amministratore delegato, e giù fino all’ultima gelateria, salumeria o carrozzeria di paese, dove troverai sempre la persona responsabile per la sua gestione. Quando si verifica invece un evento eccezionale, si scopre che alla fine la maggior parte dei problemi deriva proprio dalla mancanza di una figura che accentri in sè le responsabilità ed il potere decisionale necessari a fronteggiare quell’emergenza.
Chi ”comanda” oggi nel Golfo del Messico? Non lo sappiamo. La BP è proprietaria dei macchinari e degli impianti coinvolti ...
di Federico Povoleri
Era una serata di fine estate del 1997, il 9 ottobre per l'esattezza, e vivevamo in un mondo senza complottisti; non c'era ancora bisogno di questa categoria e nessuno l'aveva inventata. I dizionari della lingua italiana erano (e lo sono tutt'ora) all'oscuro di questo termine, ma la nostra grammatica conosceva bene parole come “strage di stato” e “strategia del terrore”.
Ustica, Bologna, Italicus, Piazza Fontana, Aldo Moro, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino... E’ lungo l'elenco di quelli che la TV, prudentemente, chiamava “misteri italiani”.
Certo, ufficialmente i responsabili erano la mafia, le brigate rosse, quelle nere etc. etc. etc. ma erano ben pochi gli italiani che ci credevano; molti sapevano, la maggior parte intuiva che la verità stesse altrove, e ne potevi parlare a cena con gli amici, in pizzeria, o in qualsiasi altro posto; non erano argomenti tabù, e quasi tutti concordavano sulle realtà che si celano dietro alle versioni ufficiali.
Non c'erano molti dubbi. I fiumi di sangue versati da giornalisti, testimoni e gente innocente stavano sotto gli occhi di tutti, …
Di petrolio nel Golfo del Messico ora ne sgorga un pò meno. In compenso comincia ad abbondare il Corexit, il composto chimico “disperdente” utilizzato dalla BP per “far sparire” il petrolio alla vista delle telecamere. Ma la sua tossicità sembra essere micidiale, ed i suoi effetti a lungo termine sono ancora tutti da scoprire.
Nemmeno di fronte ad un disastro di queste dimensioni gli uomini della BP e del governo federale – che ormai sembrano viaggiare all’unisono, contro il buon senso e contro la volontà popolare - hanno saputo rinunciare al classico atteggiamento “allopatico”, tipico della nostra cultura occidentale, che ti spinge a combattere il sintomo con un qualunque antidoto, anche a costo di danni collaterali mille volte più gravi.
Non importa se ammazzi tutto quello che c’è intorno, l’importante è che il petrolio “non si veda”.
Il Corexit infatti riesce a disgregare il petrolio fino a renderlo invisibile, ...
di Marco Cedolin
La crisi economica sta imperversando in maniera sempre più drammatica in tutto l’Occidente. Le imprese chiudono o delocalizzano, la disoccupazione sale a ritmo forsennato, diritti si vaporizzano, le prospettive occupazionali si riducono al lumicino. Sulla scia lasciata dalla manovra “lacrime e sangue” imposta al popolo greco, un po’ dappertutto s’impongono sacrifici ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani. Le mense della Caritas conoscono un sovraffollamento mai sperimentato prima, in strada scendono sempre nuovi senza tetto, con gli Stati Uniti che tirano la cordata.
Aumentano in maniera esponenziale, anche se i media raramente ne danno notizia, i suicidi e le tragedie familiari aventi per protagonisti persone strozzate dai mutui e rimaste senza lavoro.
Un quadro a tinte fosche, condito dalle promesse dei mentori del progresso che preconizzano improbabili “riprese” che germoglieranno miracolosamente da quelle lacrime e dal quel sangue fagocitati in maniera sempre più famelica.
Eppure la crisi economica presenta anche un’altra faccia della medaglia,...
di Carlo Brevi
Loro ci hanno studiato. Essi sanno meglio di noi quello che noi sappiamo di noi stessi. Essi sono esperti nel premere i nostri bottoni, ad utilizzare le nostre emozioni contro di noi.
Ogni essere umano porta in sé una dote di pregi e di difetti, la sua anima è il risultato di una particolare alchimia in cui il bene e il male coesistono, creando un equilibrio che a seconda dei casi pende verso il primo o il secondo piatto della bilancia.
In questo equilibrio, quello a cui per natura gli esseri umani tendono quando si ritrovano nella collettività è una coesistenza pacifica, poiché la coesistenza pacifica è quella che garantisce un maggior vantaggio al singolo.
Si tratta di una questione pratica, prima ancora che morale: cooperare col prossimo porta vantaggi a tutti; ne beneficia il singolo, ne beneficia la collettività.
Queste considerazioni, d'altra parte, parrebbero essere smentite da una semplice osservazione degli avvenimenti che caratterizzano la storia degli uomini da millenni a questa parte.
Guerre, soprusi, saccheggi, odio ed intolleranza sono una costante nell’evolversi della civiltà umana.
Una apparente contraddizione, quindi.
Ma ad uno sguardo più attento, in seguito ad una analisi più approfondita delle vicende storiche, si può scoprire come nei secoli siano sempre stati gruppi di poche persone …
Il primo ministro isrealiano Benjamin Netaniahu è in volo per Washington, dove incontrerà Barak Obama.
I rapporti fra i due non sono mai stati sereni, ed anzi lo stato di “crisi” è riconosciuto ufficiosamente da ambedue le parti. Nella sua prima visita a Washington, del marzo scorso, Netaniahu infatti fu trattato in modo gelido dal presidente americano, che lo ricevette solo a porte chiuse, e senza nessun riscontro mediatico.
Al cuore della crisi, come tutti sanno, è la richiesta dell’amministrazione Obama di congelare tutti i nuovi insediamenti, per riprendere “a bocce ferme” le trattative con i palestinesi. Ma nonostante i ripetuti appelli di Joe Biden, di Hillary Clinton, e dello stesso Obama, l’espansione israeliana continua imperterrita.
Quasi ad alzare la posta, nel suo ultimo viaggio a Washington Netaniahu aveva tenuto un discorso ...
di Marco Cedolin
A Chiomonte, in Val di Susa, il 13 maggio 2010 il sindaco Pinard organizza un incontro pubblico con la popolazione, nel corso del quale un ingegnere della Lyon Turin Ferroviere (LTF) è chiamato a presentare ufficialmente il progetto del nuovo tunnel geognostico della Maddalena, realizzato in gran segreto negli ultimi mesi a totale insaputa della popolazione. Progetto che dovrebbe rappresentare il primo atto della costruzione della linea ad alta velocità Torino - Lione.
Il filmato dell'avvenimento testimonia in maniera impietosa l'assoluta ed imbarazzante impreparazione di chi promuove la realizzazione delle grandi opere.
L'ingegnere di LTF, senza essere mai padrone dell'argomento, …
In poche ore la notizia ha fatto il giro di tutti i network americani: smascherata organizzazione di spie russe a Washington. Non due o tre, ma addirittura 11 spie russe sono finite contemporaneamente nella rete dell’FBI, colpevoli di aver raccolto e passato ai sovietici informazioni riservate di vario tipo, nell’arco di circa 5 anni di attività durante i quali erano riuscite ad integrarsi perfettamente nel tessuto sociale della capitale americana.
Roba da tornare di colpo ai momenti peggiori della Guerra Fredda.
Poi, man mano che hanno iniziato ad emergere i particolari, il colore della vicenda ha cominciato a variare dal giallo intenso dei migliori libri di LeCarrè al rosa sempre più slavato dei più trucidi tabloid da supermercato.
La prima cosa che ha fatto arricciare il naso agli esperti di spionaggio è che si trattasse di 11 normali cittadini – russi, si presume, con identità americane – invece dei diplomatici che normalmente venivano usati nel secolo scorso dai sovietici per svolgere questo tipo di attività.
“Mi sembra tutto una montatura - ha detto Mikhail Lyubimov, un ex-agente dei servizi segreti russi – noi non abbiamo mai usato “illegali” in questo modo”, riferendosi allo status di immigrazione di questi civili russi. “Ed è comico – ha aggiunto – trovarne addirittura 10 collegati fra di loro”.
In effetti, se dieci “spie” sono collegate fra loro da un unico anello, l’undicesima, significa che l’organizzazione è stata messa in piedi da gente che dovrebbe dedicare il proprio tempo alla pesca piuttosto che al giardinaggio.
Micidiali, a loro volta, i sistemi che queste spie utilizzavano …
Nella crescente serie di testimonianze a favore della terapia Simoncini, quella di Rod Peterson ha la particolarità di essere stata confermata in anticipo dal suo medico curante – un collega svizzero di Simoncini – durante il corso di un’intervista completamente diversa, circa 9 mesi fa.
Dopo una testimonianza del genere, resta solo una domanda da porsi: per un Rod Peterson che trova la forza di ribellarsi ad una condanna a morte precoce, …
Non avevo mai visto piangere un giapponese.
All’inizio della partita, i giocatori del Giappone sembravano solo undici macchinette caricate con batterie ultraspeciali, inesauribili, e i loro volti ricordavano troppo da vicino i personaggi dei cartoni animati per poter pensare che fossero davvero degli esseri umani.
Fin troppo umani apparivano invece i giocatori del Paraguay: teatrali, emotivi, melodrammatici, con la furia dipinta negli occhi e la bestemmia sempre pronta sulle labbra. Altrettanto per gli allenatori: gelido e impenetrabile quello giapponese, esagerato ed incontenibile quello paraguayo.
Ma le emozioni, sotto sotto, dovevano essere le stesse per tutti: sono le emozioni che prova l’uomo qualunque, quando si rende conto di essere di fronte ad una possibilità unica nella sua vita, che potrebbe permettergli, di colpo, di “diventare qualcuno”. La consapevolezza del traguardo a portata di mano - i quarti di finale, in questo caso - unita alla paura di perdere per sempre quell’occasione, allargano all’infinito la forbice del dramma, e si traducono in spezzoni di vita indimenticabili per tutti. Anche per chi osserva.
Assoluta nullità a livello calcistico, il Paraguay si è ritrovato a vincere il girone ...
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