Venerdì sera è andata in onda questa breve replica alle accuse di Attivissimo di venerdì scorso. Il resto sarà pubblicato in serata di sabato. EDIT: o al più tardi domenica mattina. Scusate, ma si sta rivelando un lavoro più lungo del previsto. M.M.)
"I Cartaginesi raccontano anche questo, che vi è una regione della Libia e uomini che la abitano, al di là delle colonne d’Ercole. Quando siano giunti tra questi e abbiano scaricato le mercanzie, dopo averle esposte in ordine lungo la spiaggia risalgono sulla nave e alzano una fumata. Allora gli indigeni vedendo il fumo vanno al mare e poi in sostituzione delle mercanzie depongono oro e si ritirano lontano dalle merci. E i Cartaginesi sbarcati osservano e se l’oro sembra loro degno delle mercanzie lo raccolgono e si allontanano, se invece non sembra degno, risaliti sulla nave di nuovo attendono; e quelli, fattisi avanti, depongono altro oro, finché li soddisfino. E non si fanno torto a vicenda, perché né essi toccano l’oro prima che quelli l’abbiano reso uguale al valore delle mercanzie, né quelli toccano le merci prima che gli altri abbiano preso l’oro" (Erodoto, Storie IV, 196)
Il racconto di Erodoto illustra ciò che gli antichi intendevano per scambio equo: una lenta e silenziosa trattativa in cui entrambe le parti offrivano le loro mercanzie sino a che non veniva trovato un accordo.
Ma come determinare il valore di queste mercanzie? Oppure dell'oro che veniva offerto in cambio? Esiste un criterio oggettivo per determinare dall'esterno quando uno scambio è equo?
Sin dall'antichità filosofi ed economisti hanno cercato di rispondere a queste domande formulando diverse “teorie del valore”.
Esaminiamo le tre più importanti.
“ …e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera... potete quindi definire qualsiasi discorso sull’invio di eserciti in Europa come pura menzogna”.
F.D. Roosevelt
Riguardo allo storico attacco di Pearl Harbor, i libri di scuola, i film, i documentari e tutti i reportage storici allineati alle versioni ufficiali ci hanno raccontato solo una verità di comodo. Attraverso i canali d’informazione istituzionali è stato ripetuto fino alla nausea che nel 1941 un brutale attacco aereo giapponese a sorpresa annientò la flotta americana del pacifico, lasciando sul campo migliaia di vittime innocenti. Tale versione dei fatti venne diramata dalla Casa Bianca allo scopo di scatenare l’indignazione del popolo americano. Da qui, a legittimare la sua chiamata al fronte come un dovere morale, il passo è stato molto breve.
Sono passati molti anni da quel drammatico 7 dicembre 1941, ma la storia continua a riemergere inquietante, come il cadavere di un omicidio che non vuole affondare. Le numerose inchieste pubbliche e private condotte su Pearl Harbor sembrano infatti avere raccolto ormai sufficiente materiale probatorio per ricostruire una volta per tutte, il vero corso degli eventi in questione.
E fanno sei. Sei anni di incubo, sei anni di orrori, sei anni di lotta per non affogare nella marea di falsità con cui la strategia del consenso globale ha cercato di sommergere l’umanità.
Dopo l’ondata iniziale, che ha strappato il 99% degli esseri umani dalle loro certezze, per fortuna qualcuno aggrappato allo scoglio c’è rimasto, ed è a loro che in un certo senso dobbiamo la vita: grazie ai primissimi, e più coraggiosi, ricercatori sull’11 settembre (Alex Jones, Thierry Meyssan, Eric Hufschmid, ecc.) - la verità non è stata sepolta del tutto, e abbiamo così potuto compiere un lento percorso a ritroso, che fortunatamente accelera man mano che ci si allontana dalla data iniziale degli eventi.
Come ormai persino in media tradizionali hanno riconosciuto, è stato tutto merito di Internet: è infatti impossibile capire quello che è accaduto nel mondo in questi ultimi anni, rispetto all’11 settembre, se non si comprende la potenza devastante, e teoricamente illimitata, di questo nuovo mezzo di comunicazione.
Internet infatti non è un “ luogo“, nel quale molti ci vorrebbero confinare, come topi di fogna tenuti a bada in un recinto chiuso. Internet è solo un mezzo, esattamente come lo sono il telefono, il fax, o lo stesso televisore. Ma questo mezzo ha il potere straordinario di permettere un collegamento diretto fra gli individui, senza alcuna filtratura intermedia, e solo grazie a Internet è stato possibile raccogliere, organizzare e presentare in maniera fruibile la marea di informazioni che costituisce l’ossatura della critica alla versione ufficiale sull’11 settembre.
Per gli studiosi del caso Kennedy, indagare significava attendere impazienti l’ultimo libro di un loro collega, assorbirne qualche nuova informazione, ...
Fra coloro che rifiutano la versione ufficiale dell’undici settembre, esiste anche una posizione intermedia, detta LIHOP (let it happen on purpose – lasciarlo succedere apposta), che è contrapposta alla più diffusa teoria MIHOP (make it happen on purpose - farlo succedere apposta).
La teoria LIHOP appare a moltissimi “indecisi” – cioè quelle persone che guardano all’11 settembre con onestà intellettuale, riconoscono la marea di indizi contari al governo USA, ma non riescono a concepire “una cosa così grossa” da parte degli americani - come un insperato “salvagente intermedio”, a cui aggrapparsi per non dover umiliare la propria intelligenza da un lato, ma in qualche modo salvaguardare il proprio equilibrio psicologico dall’altro. In realtà la LIHOP è una teoria inesistente, e fa ancora più acqua della versione ufficiale, per almeno tre motivi: a) è assolutamente inconsistente da un punto di vista logico; b) denota una totale ignoranza dei fatti accertati (questo senza farne una colpa a nessuno, sia chiaro); e c) rappresenta una follia totale da un punto di vista governativo.
Punto a): La mancanza di logica sta nel presupporre che il tuo peggiore nemico, per farti del male, ti faccia il miglior regalo del mondo. Ormai tutti conoscono i retroscena che hanno portato alla guerra in Afghanistan (gasdotto Unocal e “guerra dell’oppio”, principalmente, posizionamento geostrategico in secondo luogo), ma bin Laden di certo li conosceva molto da vicino. Quindi, una volta riconosciuto che l’attacco alle Torri Gemelle ha permesso di scatenare l’invasione dell’Afghanistan, e una volta riconosciuto che questo era l’obiettivo primario dei neocons già da oltre un anno, non si può in alcun modo sostenere che bin Laden abbia potuto organizzare quegli attacchi “per odio contro l’America”, come vorrebbe la versione ufficiale. O quindi il suo “nome” è stato usato a sua insaputa,
Nei primissimi filmati, sei anni fa, Osama bin Laden ci appariva come un canuto saggio della montagna, se non vicino all’ora dell’Illuminazione Finale, certamente più di là che di qua.
Man mano che passava il tempo, però, il suo volto ha ripreso colore, la pelle si è fatta più liscia, e nel famoso video “della barba parlante” le sue gote sembravano addirittura più paffute.
“Và che bel che l’è - avrebbe detto mia zia - el par gnianca lù!”
Era come se i successi di Al-Queda, che la CIA continuava a decantare nel mondo in sua vece, lo avessero in qualche modo rinvigorito. Lui infatti, uomo profondamente timido nonostante le apparenze, non ha mai osato rivendicare nulla in maniera diretta. Ha sempre contato sull’aiuto dei suoi ex-amici della CIA, che lo conoscono talmente bene che appena scoppia un petardo ai giardinetti si guardano e dicono: “Mmmmmh, questo mi sa che è lui di nuovo”.
Ogni tanto però anche Osama si incattivisce, e in quei casi diventa davvero terribile: solo nel gennaio 2005 io smisi di tremare, per la paura che mi aveva messo addosso il suo messaggio del novembre precedente, quando approfittò proprio delle elezioni presidenziali per annunciare al mondo nuovi sfracelli da capogiro. Poi probabilmente si deve essere accorto ...
LA FINTA GUERRA AL TERRORISMO: È TEMPO DI METTERE IN QUARANTENA GLI AGGRESSORI
Estratto da “La fabbrica del Terrore”, di Webster G. Tarpley
400 anni fa, in questo mese, Robert Cecil, il Primo Ministro del Re inglese Giacomo I, compì il suo capolavoro, la Congiura delle Polveri, per far esplodere il Re e il Parlamento. La responsabilità di questo tentativo era stata fatta cadere sullo zimbello Guy Fawkes e altri cospiratori, che furono torturati e condannati a morte.
Furono incolpati anche i cattolici, il Papa, i gesuiti e gli spagnoli, dando così il via a secoli di conflitti e di espansione imperiale. Ma il complotto era una provocazione sintetica, messa in scena da Cecil. Il terrorismo era solo una doglia nel travagliato parto con cui veniva al mondo la fazione finanziaria angloamericana, e il terrorismo accompagna ancora oggi quella fazione nella sua moribonda senilità.
Secondo l’odierno regime neocon a Washington, l’evento centrale nella storia del mondo è rappresentato dagli attacchi dell’11 settembre 2001. I neocon chiedono che gli affari mondiali si riorganizzino intorno a ciò che essi chiamano la guerra al terrorismo, ...
Loro. Quelli che non sbagliano mai. Quelli che sanno tutto. Quello che ti parlano dall’alto al basso. Quelli che “diciamo le cose come stanno”. Quelli che ti coprono di insulti gratuitamente, che ti diffamano vigliaccamente, che ti deridono altezzosamente, sono loro stessi ai macchiarsi dei peccati di cui costantemente accusano gli altri.
Loro sarebbero “gli ufficialisti”, i “debunkers”, gli “smontatori” di aria fritta, i difensori delle mille versioni ufficiali che fanno acqua da tutte le parti, ma che “se cominciamo a dire che i governi mentono chissà dove andiamo a finire”. Sono esseri senza dignità, autoelettisi a cani da guardia di un padrone che non sa nemmeno che loro esistano, ma che servono comunque fedelmente, convinti – dal padrone stesso, e lì sta il bello – di essere in qualche modo dei sudditi privilegiati.
Ma che poi, per tenere in piedi il loro pietoso teatrino del conformismo, sono costretti a mentire come il più disgustoso verme da giardino, e si riducono addirittura a falsificare le prove per quello che non riescono in alcun modo a dimostrare con la forza della semplice verità.
Chi ha visto la puntata di questa sera di Matrix, dedicata all’undici settembre, sa bene di cosa parlo. Gli altri farebbero bene a informarsi. Scopriranno così che la “prestigiosa” rivista Popular Mechanics, ...
Sabato prossimo, incontrandosi a Roma al Villaggio Globale (qui il programma dettagliato), il movimento italiano sull’11 settembre avrà modo di far parlare fra loro le sue tante anime nate e cresciute in rete. Nelle premesse dovrebbe essere un incontro ben diverso da quello dello scorso anno all’Arena del Sole di Bologna.
Proiezione di alcuni spezzoni del film Zero, brevi collegamenti con Webster Tarpley e Julez Edward (l’organizzatore di United for Truth, la manifestazione di Bruxelles del 9) e poi lunga discussione sulle questioni che più interessano, a partire dalla proposta della commissione internazionale di inchiesta. Qui ad esempio i nodi da sciogliere sono diversi: come arrivarci, dove farla, come formare un pool di esperti che dia garanzie di indipendenza e di rigore quanto meno sul piano logico e investigativo, come difendere il loro operato dalle pressioni e dagli attacchi che tutti possiamo immaginare...
Vogliamo ascoltare la voce di molti attivisti, dialogheremo con Giulietto Chiesa e con Massimo Mazzucco (in collegamento dagli Stati Uniti), ci confronteremo sul tipo di iniziative da fare qui in Italia dopo un’estate nella quale la strategia dei fabbricanti di opinione è passata dal discredito e dal debunking al tentativo, ancor più sottile e pericoloso, di arruolare il movimento per la verità sull’11 settembre nel fantomatico “partito dei negazionisti”.
I segnali in questo senso sono stati dati ad alto livello (parliamo di Italia, ovviamente…):
di Giorgio Venzo
Il recente fermo di tre persone in Germania ed otto in Danimarca dietro l'accusa di progettare attentati terroristici ha scosso il dormiveglia della pigra Europa nella lotta al terrorismo. Il tam tam delle agenzie di stampa in queste ore è una staffetta d'aggiornamenti e commenti da parte di vari esponenti politici e portavoce d'intelligence tedeschi: grazie a loro alcuni particolari ormai sembrano assodati, altri invece restano ambigui.
Tra i primi svetta l'entità del pericolo scampato in Germania: il danno sarebbe stato maggiore di quelli a Londra e Madrid; l'attacco imminente era previsto verso l'11 settembre prossimo contro obiettivi quali l'aeroporto di Francoforte o la base militare USA di Ramstein. Anche il movente è stato svelato: l'odio profondo verso l'America. Inoltre, un'accurata indagine di controterrorismo ha reso possibile riconoscere negli arrestati non dei fanatici alle prime armi, ma addirittura dei professionisti molto pericolosi e ben addestrati: i Servizi Segreti tedeschi infatti li stavano spiando da sei mesi, in collaborazione con quelli americani, dopo il fermo d'uno di essi nel dicembre 2006.
A margine di queste certezze restano alcuni piccoli dettagli ancora poco chiari: i tre sono descritti dalla stampa come "sospetti terroristi", i loro obiettivi "possibili", l'affiliazione ad organizzazioni terroristiche è "presunta" in riferimento ad uno sfuggente "network internazionale" che li avrebbe manovrati. Lo stesso Ministro della Difesa tedesco parla ambiguamente ...
Nel novembre 2005 facemmo un piccolo sondaggio, sul sito, per cercare di capire quanti fra di noi credessero alla versione ufficiale sull’undici settembre, quanti non ci credessero, e quanti fossero a metà strada fra le due posizioni.
In realtà indicammo sei posizioni diverse, che sembravano in grado di coprire tutte le possibili sfumature intermedie fra ufficialisti puri e “Ashcroft” all’ultimo stadio.
In occasione dell’imminente anniversario riproponiamo lo stesso sondaggio, che sarà anche interessante confrontare con quello precedente (vi invitiamo comunque ad andare a vedere i risultati del vecchio sondaggio solo dopo avere votato in questo).
Naturalmente, facciamo il tutto in maniera informale, e invitiamo a partecipare non solo gli iscritti che già normalmente postano commenti, ma anche coloro che magari aspettano un’occasione valida per presentarsi agli altri. La storia del sito ci insegna che qui nessuno è mai stato messo al rogo per le sue opinioni, qualunque esse fossero, quindi potete participare in tutto relax, con un’unica raccomandazione: se volete aggiungere, oltre alla posizione sul 9/11, anche qualcosa di voi stessi (faccio l’insegnante, vivo all’estero, domenica compio 110 anni...), siete più che benvenuti, ma tenete la vostra risposta sul 9/11 chiaramente separata dal resto, in modo da facilitare la lettura dei risultati in qualunque momento.
Grazie a tutti
M.M.
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